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Cashback, come evitare brutte sorprese

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Sempre più popolare in Italia il cashback, sistema grazie al quale gli utenti registrati possono guadagnare in base agli acquisti effettuati, non è tuttavia esente da problemi. Il normale funzionamento prevede che l’utente, deciso ad acquistare un determinato bene, si reca in un negozio (fisico o online) convenzionato per godere dei benefici economici previsti.

In un primo momento, tramite apposita card, pagherà la merce a prezzo pieno. Successivamente riceverà un bonifico o un accredito pari a una parte della commissione corrisposta. Fin qui è tutto legale.

Attenzione però alle brutte sorprese. In passato per alcuni consumatori italiani, che si sono fatti allettare dai risparmi del cashback, non sono mancate spiacevoli sorprese. Come è successo nel caso di Lyoness Italia srl sanzionata, un anno fa circa, dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con una multa per 3,2 milioni di euro perché aveva dato vita a un sistema piramidale, vietato per legge, in cui i primi fondatori della comunità si erano arricchiti con somme importanti, mentre i nuovi arrivati investivano somme anche di rilievo, ma senza riuscire a recuperarle e tanto meno a guadagnare.

Lyoness utilizzava la formula di acquisto di beni con cashback, ovvero con la restituzione di una percentuale del denaro speso presso gli esercenti convenzionati, e il suo sistema di promozione si basava sul reclutare un numero elevato di consumatori ai quali era richiesto di assumere la veste di “incaricato alle vendite” e di pagare una fee di ingresso di 2.400 euro.
Si accedeva così al primo livello commissionale e iniziava la “carriera” come Lyconet Premium Marketer. Successivamente, era necessario reclutare altri consumatori, nonché effettuare ulteriori versamenti per confermare e progredire nella “carriera”.

A gennaio del 2019 l’Agcm dopo un procedimento istruttorio aveva concluso che:

“il sistema di promozione utilizzato per diffondere fra i consumatori una formula di acquisto di beni con cashback (ovvero con la restituzione di una percentuale del denaro speso presso gli esercenti convenzionati)” era scorretto “in quanto integra un sistema dalle caratteristiche piramidali, fattispecie annoverata dal Codice del Consumo tra le pratiche commerciali in ogni caso ingannevoli”.