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Germania: caos politico, Pil flop e virus, deraglia la locomotiva tedesca

Nel 4° trimestre 2019 il Pil segna 0%, contro l'atteso +0,1%. La prima economia europea, ora affetta dalla crisi politica, stenta a uscire dalla stagnazione

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Stagnazione politica ed economica. La Germania di Angela Merkel, alla ricerca di un nuovo delfino dopo l’addio alla Cdu di Annegret Kramp-Karrenbauer per la crisi scoppiata in Turingia che sta mettendo in dubbio la stessa stabilità del governo federale, ha registrato una crescita zero (+0,4% il dato anno su anno) nel quarto trimestre del 2019. Numeri che dimostrano come l'andamento della prima economia manifatturiera d’Europa, la locomotiva del Vecchio Continente, dopo un lieve miglioramento della congiuntura nel terzo trimestre (Pil +0,1%) a fronte della contrazione dello 0,2% nei tre mesi precedenti, confermi un trend di debolezza che nel 2019 ha appena dato luogo all’espansione economica più debole dal 2013.

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E dire che gli analisti si attendevano comunque un dato positivo, in linea con il terzo trimestre (+0,1%) che  è anche stato rivisto al rialzo dall’ufficio statistico federale. Invece, niente da fare: dopo il crollo della produzione industriale di gennaio (-3,5%, il peggiore dal gennaio del 2009), Berlino continua pericolosamente a flirtare con la recessione.

"Con lo stallo del prodotto interno lordo tedesco nell'ultimo trimestre del 2019, l'economia ha iniziato quest'anno con uno slancio ancora minore di quanto molti si aspettassero”, ha spiegato Andrew Kenningham, capo economista europeo di Capital Economics. Mentre alcuni sondaggi sulle imprese sono leggermente aumentati a gennaio, altri indici come l'Ifo sul clima economico sono scesi e "tutti, nella migliore delle ipotesi, sono coerenti con una stagnazione del Pil", ha aggiunto l’esperto.

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Il tutto al netto degli impatti negativi del coronavirus che sta facendo calare altre nubi nere sull’orizzonte dell’economia tedesca. I motivi? L'esposizione del Paese teutonico alle catene di approvvigionamento globali e alla domanda cinese. Ecco che per Carsten Brzeski, capo economista di Ing in Germania "una stagnazione, con il rischio di una recessione tecnica, è attualmente l'unica opzione in vista per l'economia tedesca che rimane bloccata tra consumi privati solidi e un settore manifatturiero paralizzato”. Di fatto, conclude l’esperto, il Paese è in "stagnazione" dall'estate del 2018.

Il virus "Covid-19" che continua a imperversare e la crisi politica in atto, con Angela Merkel che non si ricandiderà alle Politiche di fine 2021 e la Cdu-Csu incalzata dall’ascesa dei Verdi che addirittura, secondo qualche commentatore, potrebbero presto anche diventare il primo partito al Bundestag, non aiuteranno il rimbalzo del manifatturiero che in Germania, mentre qualcuno comincia a parlare di "deindustrializzazione in atto", attendono con ansia. Un rimbalzo che, orfano degli ordinativi e di un’accelerazione dell’export molto lontana dal fare capolino, dovrà contare solamente sulla gamba dei consumi interni e, soprattutto, sulla stampella degli investimenti pubblici.

Ancora affetta da dualismo Est-Ovest e con il motore dell’automotive imballato da scandali sulle emissioni, da divieti di circolazione, dalla transizione epocale verso i veicoli elettrici e su cui continua a pesare anche il rallentamento globale, l'economia tedesca avrà bisogno dell’azione riformatrice di un governo forte. Esecutivo che, però, ora traballa.

Che fine faranno, ad esempio, il Green Deal da 50 miliardi, in stallo fino a poco fa e la cui legge deve ancora esser approvata o l’annunciato maxi piano di investimenti per la rete ferroviaria che metterà sul piatto 86 miliardi di euro in 10 anni? Mai come oggi, la Germania necessita dello sblocco di importanti investimenti. E di un governo saldamente in sella per farlo. 

@andreadeugeni