L’annata d’oro di fabio liverani sulla panchina del lecce: mi piacerebbe toccare i massimi livelli..
“LE COSE ARRIVANO A CHI SA ASPETTARLE” - L’ANNATA D’ORO DI FABIO LIVERANI SULLA PANCHINA DEL LECCE: “HO TANTI ESTIMATORI? MI PIACEREBBE TOCCARE I MASSIMI LIVELLI. NON HO MAI LITIGATO CON UN PRESIDENTE PER 10 MILA EURO IN PIÙ O IN MENO DI INGAGGIO - IL MIGLIORE? GUARDIOLA, PER LA VOGLIA DI SPERIMENTARE - MIO NONNO ERA UN MINISTRO DEL GOVERNO SOMALO. LA SITUAZIONE PRECIPITÒ. LEI SCAPPÒ GIOVANISSIMA E GIUNSE A ROMA DOVE CONOBBE MIO PADRE”
Michele Pennetti per il “Corriere della Sera”
Fabio Liverani, 43 anni, ex centrocampista dai piedi educati, allenatore alla terza stagione sulla panchina del Lecce, l'unico di A ad aver fermato Juventus (1-1), Inter (1-1) e Napoli (3-2 domenica scorsa al San Paolo). Com'è riuscito nella sua piccola impresa?
«Gli ingredienti sono due: armonia e voglia di migliorarsi. L'armonia te la dà una società che crede nelle tue idee, uno staff con il quale prima di ogni partita ci si chiede se è stato fatto tutto il necessario per prepararla a dovere. La voglia di migliorare te la trasferisce lo studio, la ricerca dei dettagli, l'analisi accurata, in particolare dopo un risultato negativo, di eventuali errori o lacune. E così si cambia, si cresce».
Lapadula, dopo anni bui, ha ritrovato il gol. Saponara e Barak sembrano rifioriti. Si può dire, ora, grazie a Liverani?
«Sono giocatori di qualità. Dovevano annusare la possibilità di tornare a buoni livelli.
Sono stato schietto con loro. Ho spiegato in che modo potevano esprimere le doti di cui dispongono, esaltandole attraverso la continuità dell' allenamento. Il motore di un calciatore è la testa. Quando la riaccendi, ripartono pure le gambe».
Ha ottenuto due promozioni di fila, vinto la Panchina d'argento, riportato il Lecce sul binario della salvezza. Ma si parla soprattutto di Gasperini e Juric. Non le dà fastidio?
«Per nulla. Da persona serena, bado al mio lavoro. Penso che le somme vadano tirate alla fine, non a campionato in corso. Il mio stile è un vecchio adagio: le cose arrivano a chi sa aspettarle».
Contro il Lecce ha esordito in A da giocatore. A Lecce si è affermato da tecnico. Cos'è, Lecce, un amuleto o un destino?
«È una città dove si vive e si allena bene. La società è composta da gente straordinaria, ho un bel rapporto con i tifosi. E poi ci sono luoghi che ti restano dentro».
Uno, per esempio?
«San Foca. Quando sale la tensione prima di una partita importante, io e i miei collaboratori andiamo a stemperarla lì. Ci sediamo attorno a un tavolino, di fronte al mare, e mangiamo un panino. Un posto magico».
Da quale allenatore ha imparato di più? E a quale tecnico ruba i segreti del mestiere?
«Non ho un mister bussola. Ho imparato da coloro che ho avuto da calciatore, cercando di non replicarne gli errori. E rubo segreti persino agli istruttori della mia scuola calcio, a Roma, che addestrano ragazzini nati nel 2009 o nel 2010».
Chi è l'allenatore più bravo al mondo oggi?
«Per i fenomenali progressi del Liverpool, direi Klopp. Ma confesso il mio debole per Guardiola. Non tanto per i trionfi o il calcio che propone, quanto per l'ossessiva voglia di sperimentare che lo contraddistingue. Rimanere umili e cercare traguardi, come insegnava mamma, è il calice a cui abbeverarsi nella vita».
A proposito di sua madre, è stata una profuga fuggita dalla guerra.
«Mio nonno era un ministro del governo somalo. La situazione precipitò. Lei scappò giovanissima e giunse a Roma dove conobbe mio padre».
Un'esperienza drammatica, alla pari delle attuali vicende di migliaia di migranti che infiammano la scena politica. Qual è la sua opinione?
«Bianchi o neri, il mondo si divide in uomini giusti e sbagliati. I giusti vanno aiutati e messi nelle condizioni di integrarsi nel nostro Paese, gli sbagliati no. Fondamentale è che la politica stabilisca regole chiare e che chi sbarca da terre lontane si attenga a queste regole».
Da Lotito a Ferrero, gira voce che abbia parecchi estimatori. Ma che futuro sogna Liverani?
«A Lecce non manca niente. Ma sarei ipocrita se non dicessi che mi piacerebbe toccare i massimi livelli. Ho avuto la fortuna di crescere a pane e pallone. Non ho mai litigato con un presidente per 10 mila euro in più o in meno di ingaggio. Ciò che conta è non snaturarsi e apprezzare quel che si ha. Come il Lecce, senza tuttavia mai sentirsi arrivati».