Cinema al Maxxi. Alberto prima di Sordi

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La nuova stagione documentaria tenuta al MAXXI si apre con “Alberto Sordi, un italiano come noi”, documentario di Silvio Governi, omaggio alla carriera del grande attore italiano.

Mario Sesti, curatore della rassegna, introduce questa prima visione riflettendo sull’eccezionalità dell’evento che permette di consacrare un’icona popolare negli spazi di una galleria d’arte contemporanea.

Eppure Sordi è sì l’eroe popolare, lo specchio in cui le varie declinazioni del piccolo borghese novecentesco sono riuscite a riconoscersi, ma il rispetto e l’autorità a lui attribuite hanno qualcosa di sacrale. Lo testimonia la folla oceanica di persone radunatasi davanti alla basilica di San Giovanni in Laterano, in data 25 febbraio del 2003 per i suoi funerali. Una moltitudine così pietosamente raccolta può avere come termine di paragone solo la veglia funebre di un papa.

Ma cosa rende Alberto Sordi una componente così imprescindibile dell’identità nazionale italiana?

L’opera di Silvio Governi, presentata la sera scorsa in anteprima mondiale, tenta di rispondere a questo interrogativo. La romanità è sicuramente una delle caratteristiche più evidenti della figura Alberto Sordi, figura che assomma in sé tanto la persona reale quanto quella fittizia dei suoi personaggi. L’inquadratura che apre la narrazione è infatti proprio una panoramica sul Tevere che scopre alcuni dei tratti più simbolici della città eterna. In generale i vari spazi di Roma forniscono, all’interno del girato, le coordinate per il racconto della storia dell’attore.

L’attrice romana Sabrina Impacciatore presenta i diversi contesti e opera come una sorta di guida virgiliana trai i luoghi biografici e quelli più legati alla carriera di Sordi.

Si parte da una piazza di Trastevere dove si trovava la prima residenza del neonato Alberto. Di fronte si colloca invece la chiesa di Santa Maria in cui, adolescente, ricevette i sacramenti e la sua formazione cattolica. Segue uno scorcio su via della Conciliazione, abbinato all’aneddoto di significative passeggiate con la famiglia, e la vista finale di uno dei luoghi più rappresentativi della città, la cupola di San Pietro.

La telecamera di Silvio Governi arriva poi nelle sedi operative di Sordi, per prima la radio in via Asiago, dove prendono vita alcuni personaggi poi rielaborati cinematograficamente, tra cui il giovane dell’azione cattolica, protagonista de “Mamma mia, che impressione!”, film di De Sica del 1951.

L’esordio di carriera è però piuttosto complesso e sfaccettato, passa per una fase iniziale di doppiaggio: vince infatti un concorso indetto nel 1937 dalla Metro Goldwyn Mayer aggiudicandosi l’iconico Laurel della coppia “Stanlio e Ollio”, ma presta la sua voce anche al giovane Mastroianni. Vive però anche qualche disavventura teatrale quando, nella lontana Milano, viene cacciato dall’accademia dei filodrammatici per la sua accentuata inflessione romana.

Il centro di Roma è nuovamente teatro della biografia quanto dell’affermazione attoriale del giovane Sordi: Sabrina Impacciatore ci conduce nella galleria che Veltroni nel 2003 nominò in onore del comico, ma dove si ambientano anche alcune celebri scene al fianco della Vitti in “Polvere di stelle”.

Il documentario segue poi a ripercorrere alcune fasi centrali della sua filmografia, le collaborazioni con l’esordiente Fellini, con De Sica, Monicelli, passando in particolare per Steno, che contribuisce alla creazione di Nando Moriconi, abbozzato già nel film “Un giorno in pretura” e finalizzato poi nell’indimenticabile personaggio di “Un americano a Roma”.

La carriera di Sordi, che conta un numero tanto elevato di progetti, viene ripercorsa anche attraverso i racconti di alcuni colleghi, da Luigi Magni, a Scarpelli, a Giovanna Ralli (che aggiunge qualche dettaglio alla misteriosa vita sentimentale dell’attore) a Verdone, da alcuni considerato un possibile erede comico, fino alla testimonianza di Ettore Scola. L’amico regista spiega come i film di Sordi risultino in qualche modo misteriosi e impenetrabili dal pubblico straniero, che pur con l’ausilio dei sottotitoli, non riesce però a cogliere fino in fondo tutte le sfumature della parlata e della personalità del personaggio.

Ma l’irriducibilità di Sordi è proprio la cifra della sua universalità, è ciò che da un lato trasmette all’estero il prototipo più efficace di romano, dall’altro lo rende un elemento così importante del patrimonio nazionale.

La narrazione si conclude con il simbolico gesto del sindaco Rutelli che, in occasione dell’ottantesimo compleanno dell’attore, gli cede la fascia di sindaco per un giorno, riconoscendo pubblicamente come la figura Alberto Sordi abbia rappresentato a tutto tondo il prototipo del cittadino romano.