Stankovic: "Inzaghi e Conte lasciano il segno: Antonio ha trasformato l'Inter. Mourinho? Mi ha tirato fuori un 20% che non sapevo di avere"
by Alessandro Cavasinni"La Juve resta la squadra da battere, ma Inter e Lazio non mi sorprendono". Così Dejan Stankovic intervistato da SkySport24 a due giorni dal confronto dell'Olimpico tra le due sue ex squadre italiane. "Inter e Lazio hanno allenatori che lavorano e il loro lavoro si vede - sottolinea il tecnico della Stella Rossa -. Sono un esempio per tutti quegli allenatori che vogliono vedere come si lascia un'impronta. Molto felice per Simone Inzaghi: eravamo compagni di squadra e per me è stata una grandissima sorpresa. Se la Lazio riesce a restare 'fresca' fino alla fine, lotta per lo scudetto assieme all'Inter. Conte l'ha trasformata, ha portato tantissimi punti. Lui non molla un centimetro: o accetti le sue idee o sei fuori. È uno di quelli che si dedica 24 ore al lavoro, valuta tutti i dettagli. Milinkovic-Savic? Sta facendo molto bene e penso che renderebbe ancora di più in una squadra ancora più forte".
"La Stella Rossa è casa mia, son partito da qui 22 anni fa. L'opportunità di tornare capita, si è trattato di una possibilità arrivata in un paio di giorni, e sfrutti l'occasione. Io scherzo e dico che non ho fatto cricket, ma ho sempre giocato a calcio e ho appreso dai grandi allenatori che ho avuto. Poi le idee sono solo mie, la faccio semplice, sono un lavoratore a cui piace stare in campo. Vediamo se poi sono buone - racconta Stankovic -. All'inizio, alla Lazio, non avrei potuto avere di meglio che Eriksson. Poi col Mancio ho visto come giocare bene, ho preso tantissimo. Zaccheroni mi ha lasciato la libertà e mi ha cambiato il ruolo. Con Mourinho sono cresciuto tanto come uomo e ho tirato fuori un 20% che non avevo. José mi ha preso in giro quando ha saputo del mio incarico qui a Belgrado, ha scherzato, mi ha detto 'Ma dove vai?'. È stata una bella sorpresa anche per lui vedere un proprio giocatore come me, Lampard e Terry prendere quella strada. Una specie di eredità. Dopo 20 anni di altissimo livello sul campo, devi trovare un posto. Vedo cosa porta via il mestiere di allenatore, che ti prende e non ti lascia. È anche sacrificio. Ormai ho smesso di pensare da giocatore, anche se mi aiuta ogni tanto rimettermi da quella parte. Il sogno? Mi considero fortunato, vista la mia carriera da calciatore. Vorrei tornare in Italia: mi esalta quel calcio, tutto quel mondo che conosco bene. Sarà il mio primo pensiero quando avrò finito la mia missione qui. La guerra? Ho avuto fame, anche quella 'vera'.Il mio primo stipendio, a 16 anni e mezzo, era già come quello dei miei e lì abbiamo iniziato a respirare, ero molto fiero di me. Mihajlovic? Mio fratello e anche un po' papà. Figura importantissima nella mia vita: mi ha protetto, ho imparato da lui, un modello per me. La nostra prima telefonata dopo la sua vicenda è stata dura, e alla fine lui consolava me. Se qualcuno poteva insegnarci come non mollare nella vita, è proprio lui".
E alla fine stila il suo undici ideale tra Inter e Lazio (4-2-4): Julio Cesar; Maicon, Nesta, Mihajlovic, Chivu; Zanetti, Veron; Sneijder, Milito, Ibrahimovic, Adriano.