Mafia, il boss Graviano: “Concepii mio figlio in carcere grazie alla distrazione degli agenti”
L’esponente di Cosa Nostra, durante la deposizione nel processo sulle stragi di ‘ndgrangheta. «Nel 2016 ho inviato un messaggio a Berlusconi per ricordargli di rispettare i patti»
by Riccardo ArenaREGGIO CALABRIA. Mentre il boss parla, parla e lancia segnali in videoconferenza a Reggio Calabria, a Palermo gli uomini della cosca di Giuseppe Graviano, quella di Brancaccio, vengono condannati. Ma nel processo chiuso oggi c’era una sola parte civile su 23 vittime del pizzo: segno che il potere e la paura che incutono i Graviano, ala stragista di Cosa nostra, sono ancora forti. E questo va al di là della strana voglia di parlare del capo, che per la seconda udienza di fila, nel dibattimento per gli omicidi dei carabinieri Giuseppe Fava e Antonino Garofalo, uccisi a gennaio 1994 in Calabria, ha accusato a destra e a manca. Berlusconi, ma non solo.
Stavolta gli è stata chiesta una spiegazione sul modo in cui, mentre era al 41 bis, riuscì, così come il fratello Filippo, a concepire, alla fine del 1996, un figlio ciascuno: «Fu solo grazie a una distrazione degli agenti penitenziari del Gruppo operativo mobile», dice negando che la moglie, Bibiana Galdi, avesse fatto sesso con lui nel carcere dell’Ucciardone. A Umberto Adinolfi, il compagno di socialità assieme al quale Graviano era stato intercettato in carcere, aveva detto una cosa ben diversa: e cioè che le due donne (c’era anche la moglie di Filippo, Francesca Buttitta), erano entrate nelle loro celle, nonostante il 41 bis, grazie a complicità da parte degli agenti, recisamente escluse dal boss. «Un ginecologo, di cui non posso certo fare il nome, mi aveva detto come fare per il concepimento in provetta». Ma di fronte alle ulteriori domande del procuratore aggiunto reggino, Giuseppe Lombardo, l’imputato svicola.
Continua cioè con la tecnica siciliana del «trasi-e-nesci», entra ed esci, Graviano. Il giudizio in corso in Corte d’assise si chiama «Ndrangheta stragista» e tra i legali di parte civile c’è anche l’ex pm della trattativa Stato-mafia, Antonio Ingroia, che sarà presente dalla prossima udienza. Graviano nega di avere commesso qualsiasi reato: dunque non ordinò né partecipò alle stragi del ’92-’93 né fece uccidere i due carabinieri in Calabria né, a Palermo, don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio che cercava di strappare i ragazzini alla strada e a Cosa nostra.
Torna a parlare invece, come aveva già fatto la settimana scorsa, di Silvio Berlusconi: dopo aver detto di avere incontrato tre volte l’ex premier da latitante, ribadisce la sua accusa al Cav di avere tradito, con «il mantenimento del 41bis e con la mancata abolizione dell’ergastolo». Poi un altro segnale: «Anche Marcello Dell’Utri è stato tradito da Berlusconi». «Totale e assoluta non veridicità del racconto», è il commento dell’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini.