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BTp 3 e 7 anni, rendimento e convenienza dell’investimento dopo l’asta di ieri

Rendimenti in picchiata all'asta del Tesoro di ieri per i BTp a 3 e 7 anni. Il rally obbligazionario continua a sostenere i nostri titoli di stato. Tra i due bond, su quale eventualmente investire?

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Ieri, il Tesoro ha collocato tramite asta sul mercato primario BTp a 3 e a 7 anni per un totale di 5 miliardi. Nel dettaglio, ha emesso la nona tranche dei titoli di stato con scadenza triennale al 15 gennaio 2023 e cedola lorda allo 0,05% (ISIN: IT0005384497) per 2,25 miliardi, il massimo della forchetta fissata, esitando un rendimento lordo in forte calo al -0,10% dallo 0,18% dell’asta di gennaio.

Altri 2,75 miliardi sono stati raccolti con la quinta tranche del BTp 15 gennaio 2027 e cedola lorda 0,85% (ISIN: IT0005390874), anch’esso con rendimento in forte calo dallo 0,94% della precedente asta allo 0,48%.

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Dopo queste emissioni, in circolazione vi saranno 15,36 miliardi di BTp a 3 anni e 7,75 miliardi del BTp a 7 anni. Viene da chiedersi se il rally del mercato obbligazionario ci consenta di guardare con occhi positivi a un investimento su almeno uno dei due bond. Premettiamo che il BTp gennaio 2023, offrendo un rendimento negativo alla scadenza, infliggerebbe perdite certe alla data fissata per il rimborso del capitale, a meno che non lo si acquisti con finalità speculative, vale a dire per rivenderlo prima della scadenza a una quotazione superiore.

Date le tendenze globali, la seconda opzione sarebbe credibile, ma essendo il rendimento di partenza già abbastanza basso e per l’appunto negativo, difficile che i prezzi si muovano granché al rialzo, anche perché la scadenza è corta e con l’avvicinarsi ad essa, tendono a collocarsi intorno alla pari. Nel frattempo, riscuoteremmo una cedola sostanzialmente nulla. Diverso è il caso del BTp gennaio 2027, che ancora oggi offre un rendimento nettamente superiore a quello degli altri bond omologhi nell’Eurozona. Ad esempio, il Bonos a 7 anni rende il -0,06%, oltre mezzo punto percentuale in meno.

BTp 2027 più tradato

Qui, vi sarebbero ulteriori margini di crescita delle quotazioni, se si puntasse a rivendere prima della scadenza. Se, invece, si investisse da cassettisti, non solo la cedola che incasseremmo per 7 anni sarebbe ben più generosa della precedente, ma alla scadenza non subiremmo alcuna perdita, per quanto basso sia il rendimento.

Inoltre, pur essendo stati emessi titoli per un controvalore molto inferiore a quello del triennale, il BTp gennaio 2027 si mostra più tradato sul mercato secondario. Da inizio dicembre ad oggi, risultano effettuati scambi per 441 milioni di euro contro gli appena 144 milioni dell’altro. Naturale che sia così, essendo le scadenze medio-brevi poco interessanti ai fini speculativi, prezzando già a livelli molto alti e scarsamente migliorabili.

Ciò dovrebbe tradursi in spread più stretti per il settennale, come emerge dai dati di ieri, quando la differenza tra i prezzi denaro e lettera si è attestata ad appena lo 0,13% contro lo 0,19% del BTp 2023, seppure molto bassi anche in questo secondo caso. Nell’ottica di una rivendita prima della scadenza, questi dati importano. Aggiungiamo, infine, che attualmente il bond a 7 anni funge da parametro di riferimento per l’intero stock del debito negoziabile, captandone l’esatta vita media e segnalandone, quindi, il costo medio ponderato. E quello 0,48% di ieri ci dice che se tutto il debito pubblico italiano negli anni venisse rifinanziato a questo rendimento, risparmieremmo come contribuenti circa 3 punti di pil all’anno.

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giuseppe.timpone@investireoggi.it