La maxi frode del falso Prosecco Doc della Cantina Rauscedo. 35 milioni di bottiglie coinvolte
by Roberto La PiraIn Italia nel biennio 2016-218 sono state vendute dalla Cantina Rauscedo (in provincia di Pordenone) 12,4 milioni bottiglie di falso Prosecco Doc e di falso Pinot grigio Doc. Nel 2018 i magistrati hanno sequestrato alla stessa cooperativa 170.000 ettolitri di falso vino Doc (pari a 22,4 milioni di bottiglie) pronto a essere imbottigliato e commercializzato. Uno scandalo di queste dimensioni è passato quasi inosservato sui media, anche se stiamo parlando di vini molto famosi in Italia e all’estero. L’operazione è stata portata avanti dai Nas insieme all’Icqrf, un ente di controllo del ministero delle Politiche agricole specializzato nei prodotti alimentari con denominazione di origine. Lo scandalo presenta diversi aspetti comuni con la vicenda del falsi prosciutti di Parma e San Daniele (più noto come Prosciuttopoli), trattandosi di prodotti tutelati da un disciplinare di produzione che non è stato rispettato per guadagnare di più. In entrambi i casi la truffa non comporta pericoli per la salute, ma riguarda invece la scarsa qualità del prodotto che è stato venduto a caro prezzo. Se nel caso di Prosciuttopoli gli allevamenti e le imprese sotto inchiesta erano decine e i prosciutti coinvolti oltre 2 milioni, per il falso vino Doc l’azienda vinicola è una sola (Cantina Rauscedo), ma se si considerano le bottiglie vendute e quelle che stavano per essere imbottigliate si arriva a 35 milioni, mentre le persone che hanno ricevuto avvisi dalla magistratura sono state 427.
Nonostante ciò lo scandalo non ha avuto grossi riscontri sui giornali e sui siti, a parte qualche articolo pubblicato localmente da il Messaggero Veneto, Il Gazzettino e alcune tv regionali. In entrambe gli scandali rileviamo il silenzio di Coldiretti, l’associazione italiana di categoria più importante nell’ambito agricolo che, pur avendo un numero elevato di soci coinvolti nelle vicende giudiziarie, non ha commentato.
“Lo scandalo del Prosecco inizia nell’estate del 2018 – precisa Fabio Gentilini capitano dei Nas Carabinieri di Udine – quando nel corso di verifiche rileviamo anomalie nei registri di alcune aziende sull’origine delle partite di uva e sull’impiego dei bolli per le etichette. A questo punto cominciano le indagini attraverso migliaia di intercettazioni di conversazioni telefoniche e ambientali (650 sono state trascritte). I sospetti si rilevano fondati e la storia si conclude con il rinvio a giudizio per frode commerciale aggravata del consiglio di amministrazione della cooperativa Cantina Rauscedo e di oltre 400 soci e fornitori“.
Le indagini sono state coordinate da Raffaele Tito della Procura della Repubblica di Pordenone, In un comunicato il procuratore spiega che la Cantina di Rauscedo, per diversi anni ha prodotto e commercializzato vini Doc e Igt che non potevano fregiarsi di queste denominazioni, essendo ottenuti in violazione ai disciplinari di produzione. Gli amministratori della cooperativa della Cantina, insieme ad alcuni dipendenti, e in accordo con la maggior parte dei soci e dei fornitori, hanno portato avanti reiterate frodi commerciali ai danni dei consumatori. La truffa consisteva nell’invio da parte dei soci di uve in quantità superiore ai massimi stabiliti dai disciplinari, e con una gradazione inferiore al minimo richiesto. Con queste uve Cantina Rauscedo e l’associata Codroipo ottenevano mosti e vini venduti indebitamente come Doc e Igt, mentre avrebbero dovuto essere etichettati come vini generici. Il problema ha riguardato il Prosecco Doc marchiato Rauscedo e altri vini della cantina come Doc delle Venezie, Doc Friuli, Doc Friuli Grave, Igt Trevenezie e Igt Venezia Giulia.
I disciplinari dei vini Doc prevedono una resa massima che per il Prosecco è di 18 tonnellate di uva per ettaro, mentre per la denominazione Venezia Giulia arriva a 19. Facendo come esempio un calcolo in percentuale, possiamo ipotizzare che se da un ettaro di vigneto si ricavano 100 quintali di uva, equivalenti a 70 ettolitri di vino, alla fine si ottengono 9.300 bottiglie da 0,75 l. Il disciplinare però prevede la possibilità di superare i limiti del 20%. Questo vuol dire che se l’annata è buona o se ci sono stati errori di potatura, si può arrivare a 120 quintali di uva per ettaro, ma solo 100 verranno utilizzati per la Doc. La rimanente quota di 20 quintali, deve essere venduta come vino da tavola, a un prezzo ridicolo che non copre i costi di produzione. Se la resa è superiore a120 quintali per ettaro allora tutta la partita viene declassata a “vino da tavola”.
Per questo motivo le aziende corrette cercano di non superare la resa massima per ettaro, potando adeguatamente le viti ed evitando di trovarsi con quantità di uva oltre i livelli consentiti. Chi lascia crescere a dismisura la pianta lo fa per ottenere più delle consentite 9.300 bottiglie di vino Doc, cercando un guadagno illecito. Per capire meglio, basta dire che secondo il comunicato della procura, all’ingrosso la differenza di prezzo fra Prosecco Doc e vino generico può arrivare a 6 € a bottiglia. La Cantina Rauscedo ha avuto il ruolo di mediatore fra i produttori che non avevano raggiunto i massimali e quelli con partite eccedenti, bilanciando i conti. Il vino di qualità veniva così mescolato a quello di minor pregio che non risponde alle regole del disciplinare.
La Cantina Rauscedo per gestire il business, ha messo a punto una contabilità parallela illegale. Il sistema garantiva un guadagno a tutti, perché chi ha prodotto meno e cede le sue quote vuole una ricompensa in denaro o un tornaconto. In questo modo però tutti i soggetti diventano complici della truffa. I numeri sono elevati. Fra il 2016 e il 2018 sono state vendute oltre12 milioni di bottiglie di finto prosecco e altri vini. Nel 2018 le cose non sono andate così bene, perché i Nas hanno bloccato 17 milioni di litri di vino destinati a diventare 22,6 milioni di bottiglie di vino Doc. Il lotto è stato sequestrato e poi restituito alla cantina per essere venduto come vino generico.
Le frodi nel biennio 2016/2017 hanno fruttato 1,7 milioni di €, mentre nel 2018 il guadagno non c’è stato per via del sequestro preventivo. Alla fine delle indagini il consiglio di amministrazione della cooperativa, composto da 12 membri, e 10 dipendenti hanno formulato richiesta di patteggiamento per i reati frode in commercio aggravata.
Sono stati inoltre identificati, tra i soci della cooperativa e fornitori non associati 336 titolari di imprese agricole individuali e i legali responsabili di 91 società. Per questo gruppo la procura di Pordenone ha avanzato la richiesta di emissione di decreti penali di condanna Le ipotesi di reati sono frode in commercio aggravata, e tentata frode in commercio e per gli illeciti amministrativi legati alla responsabilità oggettiva degli enti ex d. lgs. 231/2001. Per 400 persone circa è previsto il pagamento di sanzioni variabili da 2 a 6 mila euro. Alla fine i numeri dello scandalo sono pesanti 12,4 milioni di bottiglie di falso vino Doc vendute, 22,6 milioni bloccate, oltre 400 indagati e quasi 3 milioni di euro tra sanzioni e denaro restituito.
Secondo molti addetti ai lavori il superamento della resa massima per ettaro nel settore dei vini è frequente, e alcuni enti certificatori incaricati di fare i controlli sono troppo “distratti”. “Il problema esiste – precisa Albino Armani presidente del Consorzio Pinot Grigio delle Venezie (uno dei 20 consorzi di Pinot grigio presenti nel Triveneto) – e si può intervenire modificando le regole dei disciplinari Doc che lasciano ancora troppo spazio ai singoli. La quantità massima per ettaro va ridotta, il 20% di oscillazione è troppo elevato. Noi da due anni abbiamo diminuito la resa massima di uva per ettaro e anche la resa uva-mosto prevedendo uno stoccaggio fino a 30 quintali per ettaro. In questo modo si disincentiva la super produzione e si tutela la qualità del vino. Si tratta di scelte a volte complicate, che dovrebbero fare tutti“.
La mossa finale di questa storia è la decisione della Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, di avviare nel settembre 2019 un piano di intervento per garantire un futuro alla Cantina di Rauscedo. Si tratta di una quota del Fondo di rotazione regionale, per la concessione di finanziamenti agevolati a sostegno delle esigenze di liquidità connesse all’attività. L’azienda nel frattempo ha azzerato il precedente consiglio di amministrazione e ha nominato un nuovo staff.