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Foto di Chloe Knott - Danehouse / Getty Images

Emiliano Buendía è una bella sorpresa

Il trequartista del Norwich è uno dei giocatori più creativi della Premier League.

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Emiliano Buendia è un giocatore che certamente non passa inosservato, anche senza averlo mai visto giocare. Innanzitutto per il nome, che sembra partorito dalla penna di Gabriel Garcia Marquez, anche se purtroppo in Inghilterra nessuno ha ancora pensato di soprannominarlo “El Coronel”. Dopodiché per ragioni statistiche. Se siete tra quelli che amano spulciare tra i numeri dei vari campionati per scoprire talenti passati sottotraccia, non potete non aver notato il nome di Buendia, che è praticamente ai primi posti in tutti gli indici legati alla creatività. Tra i giocatori della Premier con almeno dieci presenze Buendia è settimo per dribbling riusciti ogni 90’ (4,2 a fronte di 1,9 sbagliati, quarto se si alza il tetto a quindici presenze), secondo per passaggi chiave (3,4, davanti a lui solo De Bruyne con 4) e secondo per assist su filtrante (0,2).

 

Numeri da rifinitore di alto livello, nonostante il Norwich sia ultimo in classifica. In Inghilterra si dice che il Liverpool sia interessato al suo cartellino e la sensazione è che, indipendentemente dal destino della sua attuale squadra, Buendia rimarrà in Premier anche l’anno prossimo, magari in una formazione che partecipa alle coppe europee.

 

 

Dal basso

Buendia è un trequartista tecnico, specialista del dribbling tra le linee, tratto tipico dei migliori argentini della sua generazione. La sua formazione calcistica però ha poco a che fare con quella di suoi connazionali con qualità simili come Dybala e Angelito Correa. Buendia ha abbandonato Mar del Plata, sulle coste dell’Atlantico, ad appena undici anni spinto in Europa da Juan Eduardo Esnaider, meteora juventina, che gli aveva trovato un posto nelle giovanili del Real Madrid.

 

“Emi”, come ormai lo conoscono tutti in Inghilterra, si è buttato a capofitto nell’esperienza europea, desideroso di diventare calciatore a ogni costo, motivazione che lo avrebbe portato anni dopo ad accettare una squadra di bassa classifica della Serie B spagnola pur di emergere. La determinazione superava di gran lunga la nostalgia di casa, di solito presente nei racconti dei migliori talenti sudamericani arrivati troppo presto nel Vecchio Continente: «Da bambino avevo chiaro in testa di voler giocare a calcio. Nel momento in cui mi è stata data la possibilità di andare al Real Madrid non ho pensato ad altro, non mi sono mai guardato indietro. Anzi, spesso mi dicevano “Emi chiama i tuoi genitori, staranno sentendo la tua mancanza, vorranno parlare con te”. E io rispondevo “Va bene, più tardi li chiamerò”. Che sciocco che ero, poveri i miei genitori».

 

Dopo due anni nelle giovanili del Real Madrid, Buendia termina la sua formazione nelle giovanili del Getafe. Nel 2015, a diciotto anni, diventa il più giovane esordiente in Liga della storia del club. È così inserito nell’ecosistema del calcio spagnolo da guadagnarsi la convocazione nell’Under-19 della Spagna. Quella stessa estate però accetta anche la chiamata dell’Argentina e disputa il mondiale Under-20 insieme ad Angelito Correa, Driussi e Giovanni Simeone. L’esplosione ad alti livelli arriva però solo due anni dopo col Cultural Leonesa, squadra della Comunità Castigliana di Segunda Division. Al termine di quell’ottima stagione viene acquistato dal Norwich, con una mossa di scouting davvero lungimirante. La retrocessione del Leonesa infatti non scalfisce la volontà degli inglesi che, bisognosi di sostituire Maddison, andato al Leicester, investono un milione e mezzo di sterline sull’argentino.

 

L’intelligenza posizionale di Buendia

Buendia gioca da trequartista di destra nel 4-2-3-1 del Norwich. La fase di possesso palla della squadra di Farke è estremamente ambiziosa: si insiste sulla costruzione bassa e, raggiunta la metà campo avversaria, i trequartisti stringono nei corridoi centrali per lasciare le fasce ai terzini. L’obiettivo dei trequartisti è occupare in maniera dinamica i corridoi verticali, in particolare quelli centrali, per consentire ai mediani di giocare filtranti in diagonale alle spalle del centrocampo. Se la palla giunge ai rifinitori, l’obiettivo è servire il movimento di Pukki dietro la difesa. Buendia interpreta in maniera eccellente le consegne di Farke, sia con la palla sia senza.

 

Comprende al volo le esigenze dei mediani che si rivolgono a lui sia per avere un appoggio sicuro per il possesso, sia per tagliare le linee avversarie con i filtranti. Se i mediani sono pressati e non hanno sbocchi immediati, Buendia si abbassa accanto a loro in posizione da mezzala per farsi dare palla e portarla in prima persona sulla trequarti con una conduzione o un preciso cambio campo, giocata che esegue senza problemi sia di destro che di sinistro.

 

Preferisce ricevere già col corpo già rivolto verso l’interno, in modo da creare le condizioni per il filtrante successivo. Nonostante il talento palesemente superiore al contesto, nel Norwich non è un accentratore famelico, di quelli che hanno fretta di abbassarsi per togliere la palla dai piedi dei compagni e giocare qualche possesso in più, a costo di negare vantaggi posizionali alla squadra. Tutt’altro: se necessario si allontana rispetto al mediano e con pazienza aspetta il passaggio alle spalle degli avversari, lì dove la ricezione crea più scompensi nella difesa.

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Vrancic, mediano di sinistra, porta palla e Buendia intanto cerca la posizione dietro il centrocampo.
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Si posiziona tra mediano e mezzala in modo da dare una linea di passaggio in diagonale al compagno, che lo trova alle spalle del centrocampo.

In questo senso Buendia è già pronto al salto in una grande squadra, in cui magari non può essere il primo riferimento offensivo ed è costretto a limitare influenza e palloni giocati.

 

A piede naturale

L’intelligenza posizionale e la postura permettono a Buendia di mettere a frutto la sua tecnica. Come detto, l’argentino è un talento creativo, specialista del dribbling nello stretto e raffinato passatore. È insolito ormai per i giocatori offensivi che partono dall’esterno essere schierati sul lato del proprio piede naturale. Chi lo fa dispone di grande velocità e punta soprattutto ad allargare la difesa e raggiungere il fondo. Buendia scambia spesso la posizione con gli altri trequartisti, ma agisce soprattutto sul centro-destra, da destro. Nonostante ciò si comporta come se giocasse a piede invertito, costantemente alla ricerca del dribbling o della triangolazione verso il centro. Certo, usa con disinvoltura anche il sinistro, ma riesce a muoversi verso l’interno soprattutto grazie alla sensibilità del suo piede forte. 

 

Buendia è il giocatore che dà sicurezza al palleggio del Norwich tra le linee, con una capacità di gestire e proteggere il possesso e usare i compagni come sponde unica per la squadra. La sua giocata ideale lo vede convergere palla al piede, scaricare su un altro trequartista o sulla punta spalle alla porta e poi muoversi in orizzontale per chiudere la triangolazione per giocare a palla scoperta a ridosso dell’area.

 

È un pattern che funziona spesso, nonostante gli spazi intasati della trequarti. Per muoversi verso il centro partendo dal lato forte Buendia spesso è costretto a saltare l’uomo con l’interno del destro. È strano immaginare un dribbling eseguito col piatto, visto che di solito la parte del piede preposta a conduzioni e cambi di direzione è il collo esterno. Buendia in questo senso è un calciatore unico. Affronta l’avversario toccando il pallone a frequenze altissime, senza mai perdere il controllo, per poi sterzare rapidamente verso il centro del campo. 

 

Quando cambia direzione l’interno non si stacca neanche dal pallone, semplicemente lo accompagna in un movimento unico, come se fosse il primo tocco di una croqueta. La possibilità di spezzare la corsa più volte in pochi metri per via del baricentro basso e la capacità di alternare nella sterzata sia l’interno che l’esterno del destro gli permettono di saltare anche più uomini di seguito in tempi e spazi ristretti.

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Con la protezione spalle alla porta Buendia si era girato e aveva mandato a terra Ruben Neves. Coady si stacca dalla difesa e lo affronta. Buendia ancora prima di rimettersi completamente in piedi dal contrasto lo salta accompagnando il pallone con l’interno.
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Inoltre nell’uno contro uno frontale Buendia non solo evita i tackle, ma può permettersi di forzare il dribbling anche quando il difensore non interviene. Se l’avversario lo accompagna, sfrutta il contatto e fa valere il suo vigore per metterselo alle spalle. Buendia ha il fisico di un lottatore greco-romano. È basso (un metro e settantadue secondo Wikipedia) ma tozzo, con forza statuaria dal tronco in giù. Non soffre i contrasti, è difficile da sbilanciare e quando va “spalla a spalla” l’avversario gli rimbalza addosso. Se mentre converge verso l’interno copre la palla è dura sporcarne la conduzione.

 

Piegare il fisico all’inventiva

La forza nelle gambe di Buendia è talmente sproporzionata rispetto alla sua altezza che gli permette di mantenere l’equilibrio e passare o proteggere il pallone con lucidità anche se gli avversari lo mandano a terra. Può capitare di vederlo cadere per una spallata particolarmente energica e di mantenere lo stesso il pallone sotto il corpo quasi gattonando, appoggiandosi con le mani sul prato, senza permettere all’avversario di intervenire nonostante la posizone di svantaggio.

 

È anche grazie al fisico se Buendia sopravvive tra le linee, dove gli spazi si comprimono ed è normale giocare spalle alla porta e con l’uomo dietro. La sua protezione palla non è mai passiva, non si tratta semplicemente di conservere il possesso.

 

L’argentino cerca il corpo a corpo per tagliare fuori il proprio marcatore e adatta questa sfumatura del suo talento alla posizione che occupa. Quando riceve con il difensore già addosso, si appoggia sul baricentro basso per ruotargli intorno. Altre volte si posiziona nel mezzo spazio destro e, invece di aspettare spalle alla porta, si orienta verso l’interno, spalle alla linea laterale e perpendicolare alla linea di fondo in modo da ricevere già rivolto verso il centro. 

 

Se il centrocampista più vicino rientra su di lui al momento dello stop, allora Buendia spalanca il braccio e la gamba sinistra per tenerlo lontano. Per il difendente è come lanciarsi con una macchina contro un muro. Il peso si sposta tutto sul fianco sinistro, che assorbe il contatto e lascia scorrere il pallone per farlo arrivare sul destro col corpo rivolto verso la porta, il contesto in cui germoglia la sua creatività.

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Altro frame dall’azione di prima contro il Palace. Duello Buendia-McArthur a centrocampo; avrebbe potuto essere una battaglia tra un colonnello della letteratura sudamericana e un colonnello statunitense della prima guerra mondiale (poi generale nella seconda), invece è lo scontro di una partita di bassa classifica della Premier League.
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Buendia sposta il peso sulla parte sinistra del corpo e McArthur viene letteralmente respinto dal minuto fisico dell’argentino.

Con la testa alta e la palla scoperta sulla trequarti il suo primo pensiero diventa l’assist dietro la difesa per Pukki. Buendia è veloce e preciso quando deve trovare il riferimento offensivo con un filtrante. Pukki, tempista e rapido negli scatti dietro la linea, è il partner perfetto per assecondare il suo talento. L’argentino purtroppo ha avuto la sfortuna di esordire in Premier nell’anno in cui il VAR ispeziona anche gli offside molecolari e per questo le sue statistiche non contano un paio di filtranti geniali con cui aveva servito la punta appena in fuorigioco.

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Contro il Liverpool manda di punta/esterno manda in porta il finlandese che col cucchiaio colpisce il portiere;
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in ogni caso il guardalinee alza la bandierina.
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Qui lo serve con un filtrante che passa sul lato interno di Sakho. Tomkins abbatte Pukki in scivolata; sarebbe stata espulsione, ma il VAR e l’arbitro intervengono a segnalare il fuorigioco.

Se la posizione di trequartista a piede naturale non è il massimo per rientrare verso il centro, di contro lo invita a pensare di più in verticale e rende più istintivo aprire il piatto per servire il compagno in profondità.

 

Il futuro, magari a sinistra

Buendia insomma ha tutte le caratteristiche necessarie per il salto in una grande squadra: intelligenza nei movimenti offensivi, doti fisiche e soprattutto talento sopra la media nel dribbling, forse la qualità più richiesta nel calcio d’élite. A ciò si aggiunge una grande predisposizione al sacrificio. Il pressing del Norwich non è sempre efficace e la squadra può ritrovarsi a correre all’indietro per difendere. Buendia non si fa problemi a coprire ampie porzioni di campo durante la transizione difensiva e nelle fasi di difesa posizionale si trasforma quasi in un terzino aggiunto, sempre pronto ad aiutare Aarons in raddoppio.

 

Buendia è un’eccellenza statistica nelle voci offensive ma ha numeri di tutto rispetto anche negli indici difensivi: è terzo per tackle vinti ogni 90’ nel Norwich tra i giocatori con almeno dieci presenze (2,9, lo scorso anno ne aveva completati 83 in totale, almeno 25 in più di qualsiasi altro compagno secondo Opta), sesto per cross bloccati (0,3, dato indicativo della frequenza con cui rientra nella propria metà campo) e anche sesto per falli commessi (1,1). L’ex Madrid insomma partecipa senza remore alla fase difensiva e, nonostante il dispendio di energie e la quantità di campo ricoperta, si mantiene lucido nella gestione del pallone, creativo negli assist e nelle associazioni coi compagni, senza eccedere in scelte fuori luogo.

 

A settembre ha dichiarato di sperare in una convocazione di Scaloni. Indipendentemente dalla chiamata del CT, l’Argentina ha prodotto l’ennesimo trequartista tascabile col dribbling facile e le gambe solide come il cemento. Una tipologia di calciatore che ad alto livello ha quasi sempre successo.