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Perché l’aumento dei fondi per l’accoglienza di Lamorgese non serve a nulla

Il ministero dell’Interno ha deciso di aumentare i rimborsi per l’accoglienza, finendo subito nel mirino dell’opposizione che continua ad accusare il governo di spendere troppi soldi per l’immigrazione, mettendo in secondo piano esigenze e bisogni dei cittadini italiani. Tuttavia, il Viminale si è visto costretto ad aumentare le risorse per l’accoglienza proprio dietro richiesta delle prefetture, che denunciavano un sistema (in cui sono impiegati migliaia di lavoratori italiani) sull’orlo del tracollo. Facciamo chiarezza.

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Il ministero dell'Interno ha deciso di aumentare i rimborsi alle strutture di accoglienza per ogni migrante ospitato. Si tratta di una misura presa in risposta a un allarme lanciato dai prefetti, che hanno denunciato un sistema vicino al collasso. Infatti, dopo il taglio dei rimborsi ad opera di Matteo Salvini, per cui la cifra per ogni persona accolta è passata da 35 euro a una fascia tra i 19 e i 26 euro, i bandi di gara per i servizi ai richiedenti asilo hanno sofferto una fuga di massa, in quanto aziende, associazioni e cooperative non partecipavano, sapendo di non poter offrire la prestazione richiesta a quel budget.

La ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese, ha quindi inviato una circolare a tutti i prefetti, aprendo alla possibilità di aumentare la cifra del 10%: si tratta quindi di un rialzo decisamente contenuto, che in termini numerici corrisponde a circa 2-3 euro per persona ed è ancora lontano dai 35 euro di un tempo. In altre parole, il minimo indispensabile per spingere le ditte che forniscono i servizi a ripresentarsi nei bandi, facendo ripartire i progetti di accoglienza e integrazione. Al momento le persone che si trovano nei centri di accoglienza sono circa 89mila: con i provvedimenti varati da Salvini stava diventando impossibile concedere loro i servizi indispensabili previsti dal sistema, denunciano i prefetti.

La circolare di Lamorgese ai prefetti

"La mancata presentazione di offerte a un bando di gara è una situazione talmente limite che legittima il ricorso alla procedura negoziata senza bando, istituto cui è possibile ricorrere solo nei casi tassativi previsti dalla norma", si legge nella circolare. In questo modo, le prefetture "possono individuare alcuni operatori economici da consultare, selezionando l'offerta migliore". Inoltre, sarebbe prevista per il migrante la possibilità di accedere a servizi di assistenza sanitaria complementari, che possono essere posti a carico dell'appaltatore, il quale verrà in seguito rimborsato a parte. "La scelta del ministero dell'Interno di rivedere alcuni criteri tecnici per l'attribuzione di risorse al sistema di prima accoglienza è sacrosanta", ha affermato il viceministro dell'Interno, Matteo Mauri.

Il numero due del Viminale ha puntato il dito contro i tagli effettuati dal leader leghista: "Dopo un anno dall'entrata in vigore delle nuove norme volute da Salvini il sistema è completamente bloccato. Il problema che si è verificato è che le nuove gare pubbliche, necessarie per gestione dei centri di accoglienza, sono andate deserte. Era inevitabile che succedesse dopo il taglio drastico. E sono convinto che sia stata una scelta deliberata quella dell'ex Ministro dell'Interno. Per evitare il collasso completo del nostro sistema di accoglienza, e le inevitabili ripercussioni sui cittadini, era necessario perciò un intervento di manutenzione. È quello che si è fatto". Mauri ha quindi concluso: "Salvini aveva lasciato la macchina senza benzina. Noi in questo modo l'abbiamo rimessa in marcia. Nell'interesse di tutti".

L'aumento dei rimborsi, quindi, non andrebbe a beneficiare solo i migranti, i quali vedrebbero senza dubbio aumentare la qualità dei servizi di accoglienza e integrazione a loro disposizione. Ma sarebbero un vantaggio anche per numerosi operatori che lavorano nel settore che sono stati messi in seri di difficoltà dall'entrata in vigore dei decreti sicurezza dell'ex ministro Salvini. Mentre il segretario del Carroccio parlava dei risparmi che sarebbero conseguiti dai tagli, decine di professionisti hanno perso il loro posto di lavoro.

I tagli dei decreti sicurezza all'accoglienza

Dopo l'annuncio di Lamorgese, Salvini aveva commentato su Facebook: "Dopo  aver riaperto i porti, il governo riapre i portafogli degli italiani, aumentando i soldi per chi accoglie richiedenti asilo". Sempre attraverso i social, il leader della Lega ha rivendicato di aver abbassato il "compenso giornaliero per ogni immigrato, mentre questo governo fa ripartire il business degli sbarchi". Tuttavia, come abbiamo visto, questi sono soldi che vanno alle cooperative dell'accoglienza: oltre ai 2,50 euro di pocket money che recepiscono direttamente i richiedenti asilo per le esigenze quotidiane, la restante parte della somma è destinata alle spese che queste associazioni sostengono sia per il vitto e alloggio degli ospiti nelle strutture, ma anche per gli stipendi del personale.

Come già spiegato in passato da Fanpage.it, sono moltissimi gli operatori del settore che hanno perso il proprio posto di lavoro con i tagli dei decreti sicurezza. A quanto comunicato dalla Cgil, dall'entrata in vigore delle norme nel 2018 sarebbero quasi 5mila le vertenze aperte dai lavoratori impiegati in questo campo: il sindacato ha fatto riferimento a licenziamenti e contratti non rinnovati. Le cui conseguenze, secondo le previsioni del settore, dovrebbero esplodere proprio nel 2020, quando a circa 15mila figure professionali che operano ancora specialmente nella seconda accoglienza (gli ex Sprar e i Cas, oggi sostituiti dal Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati): 15mila persone a cui il contratto non sarà rinnovato per mancanza di risorse.

Quindi sì, Salvini ha abbassato i costi dell'accoglienza, riducendo i 35 euro a una cifra compresa tra i 19 e i 26 euro, a seconda della grandezza del centro. Ma con un altissimo prezzo da pagare per tutti quei lavoratori, spesso giovani e altamente qualificati, che operano nel settore. La difficoltà dell'assegnare i bandi sarebbe quindi la conseguenza esplicita di un sistema messo in ginocchio da questi tagli, rivendicati dal leader leghista.

Come Lamorgese ha "risolto" la questione

Lamorgese, con la sua circolare ai prefetti, non sta aprendo un ritorno ai 35 euro previsti prima del 2018, ma permette un aumento del rimborso giornaliero per gli enti che si occupano di accoglienza fino a un tetto del 10%. In altri termini, si parla di una media di 3 euro in più nei casi in cui non si presentasse nessuno ai bandi. Il Viminale non ha stravolto il quadro tracciato dai decreti sicurezza per quanto riguarda le spese per l'accoglienza, ma ha permesso una flessibilità maggiore (in casi specifici) sui costi da sostenere.

Infatti, come ha sottolineato anche l'Autorità anticorruzione (Anac), i criteri delle linee guida in materia di rimborsi potevano essere ritoccati restando comunque all'interno del rispetto della legge: i prefetti hanno quindi la possibilità di rivedere in maniera più elastica il tetto delle spese da risarcire agli operatori dell'accoglienza in caso di mancanza di offerte alla presentazione di un bando.