Operazione affidabilità. Giorgetti: "Governiamo da 20 anni, non siamo una banda di fascisti"

Sul Corriere apre a Draghi al Quirinale. Lavora all'immagine internazionale della Lega: "Non usciamo da Euro e Ue. Da sempre filo-americani, Russia strategica, Cina concorrente"

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Giorgetti

Matteo Salvini ha affidato a Giancarlo Giorgetti l’incarico di responsabile degli Esteri della Lega, ma gli ha affidato soprattutto il mandato di costruire un’immagine di affidabilità del partito a livello internazionale. E l’ex sottosegretario parte dal Corriere della Sera e da alcuni punti fermi.

Primo. Fedeltà all’Euro e dall’Europa. Però “non siamo più i soli a dire che molto deve cambiare” spiega Giorgetti, perché “i trattati sono stati scritti in un’altra era geologica; l’epoca Merkel si avvia a conclusione. Così non si regge”. Non ci sono Borghi o Bagnai che tengano, “se dico che non usciamo, non usciamo. Punto”.

Secondo. L’immigrazione è un tema europeo. “La politica di fermezza ha avuto risultati. Se ora l’Europa comincia ad accettare l’idea che l’Italia non può essere lasciata da sola, è grazie a Salvini. Se il ministro Lamorgese può andare a trattare in Europa è perché Salvini ha fatto il matto. Se la lezione è stata capita - argomenta Giorgetti - si può e si deve collaborare”.

Terzo. La Lega è da 20 anni un partito di Governo. Come anticipato da Huffpost, c’è un progetto nella testa della Lega, che porta a unire le forze in Europa con Conservatori e Riformisti, dove c’è già Giorgia Meloni. “Per me si può fare anche domani” replica Giorgetti, che attende di conoscere le evoluzioni politiche della Cdu. “Voglio che l’Europa ci conosca per quello che siamo e non per le etichette che ci affibbiano. Un partito di Governo da vent’anni, non una banda di fascisti come stancamente e stupidamente ripete la sinistra”.

Quarto. Da sempre filo-americani, Russia strategica, Cina concorrente. “Siamo sempre stati filo-americani” rimarca Giorgetti, che invece prende le distanze e smonta lo scandalo dell’Hotel Metropole a Mosca. “La Russia è un Paese importante, sia per il commercio che per il suo peso strategico. Dunque dobbiamo avere rapporti buoni e proficui. Certo seri e formali, non dilettanteschi e carnevaleschi come nel caso che lei cita, in cui si è voluta individuare una ipotesi di reato”. Quanto alla Cina è “tatticamente un partner: non sono così sciocco da non vedere l’opportunità per il nostro export. Ma strategicamente è un concorrente, sfida il nostro mondo, che guarda all’Atlantico. Tra Usa e Cina non avremo mai dubbi”.

C’è poi il tema chiave di questi giorni, la tenuta della maggioranza e del Governo, le ipotesi sul futuro a Palazzo Chigi e al Quirinale. 

Capitolo Palazzo Chigi. “Lavoriamo per portare il nostro leader a Palazzo Chigi. Per riuscirci servono consenso elettorale, e ne abbiamo in abbondanza, e capacità di interloquire con il potere nelle sue sedi internazionali, e qui dobbiamo imparare dai nostri errori” sottolinea Giorgetti. “Potrei dire che dobbiamo usare questo tempo per farlo, se non fosse che l’Italia non ha tempo. Rinchiudersi nella Bastiglia come fa il Governo Conte non servirà. Prima o poi toccherà a noi. Ma intanto il Paese va a rotoli e l’economia è a rischio, soprattutto dopo questa epidemia. L’Italia è una pentola a pressione. Non può durare a lungo così”.

Capitolo Quirinale. Passa anche da qui la strategia comunicativa di Giorgetti nel mostrarsi forza politica affidabile. “Quello che so è che Draghi è il personaggio italiano che in giro per il mondo potrebbe parlare con qualsiasi interlocutore al suo stesso livello. Se dovesse ritirarsi al mare o in montagna sarebbe una perdita per l’Italia”.