Culle vuote per assenza di welfare e di parità uomo-donna

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Ansa

L’Italia sta affrontando la più grave crisi demografica dalla fine della Prima Guerra Mondiale. È il quinto anno consecutivo che, nel nostro paese, le morti superano le nascite.

Dieci anni fa c’erano 97 nuovi nati per 100 morti. Oggi il dato è ancora più allarmante: 67 nuovi nati per 100 morti. Al momento in Italia risiedono 60 milioni di persone, ma se la tendenza rimanesse stabile si scenderebbe a 56 milioni nel 2050.

Il presidente Mattarella ha giustamente sottolineato che questo quadro è assai preoccupante, perché “la famiglia è il tessuto connettivo del nostro paese”.

È a rischio la tenuta della società nel suo insieme. Poche nascite porteranno all’insufficienza di forza lavoro giovane nei prossimi anni, proprio alle porte di una stagione che richiederà profonda capacità di adattamento alle nuove sfide della tecnologia e della contemporaneità. Senza lavoro sarà difficile supportare il sistema delle pensioni, che già oggi corrisponde al 17% del PIL e che, visto il quadro demografico, crescerà ancora.

È nel Mezzogiorno, che per decenni ha mantenuto tassi di fertilità maggiori rispetto alla media nazionale, che il calo di nascite è più evidente.

E qui arrivo al punto politico e culturale: senza mettere in discussione l’assoluta necessità di non interferire con le scelte personali, è necessario creare le condizioni affinché le coppie che vogliono formare una famiglia non siano inibite dalla precarietà lavorativa ed esistenziale, dai servizi insufficienti, dal welfare inaccessibile.

Si possono fare molte cose, io ne metto in evidenza una: la necessità di promuovere l’occupazione femminile, la parità salariale tra uomo e donna, l’accesso paritario ai congedi. Anche in questo campo esistono diseguaglianze, che vanno affrontate con forza e urgenza.