https://www.ilgiornale.it/sites/default/files/styles/large/public/foto/2020/02/14/1581666322-cacciatore.jpg

"Il cacciatore" è sempre ossessionato da Brusca

La serie torna dal 19 su Rai2 dopo aver conquistato il mondo (è stata acquistata da oltre 100 tv)

by

Si riparte da dove ci si era interrotti. Dall'ossessione che, ancora al finale della passata stagione - quando perfino all'altare, invece di frasi d'amore, sussurrava alla sposa: «So dov'è» - perseguita il magistrato Saverio Barone. La cattura del mafioso Giovanni Brusca. E la liberazione del piccolo Giuseppe Di Matteo, suo prigioniero. «Tutti sappiamo come andrà a finire riflette il suo interprete, Francesco Montanari (nella foto) -. Brusca verrà assicurato alla giustizia. Ma il piccolo Di Matteo sarà ucciso, e il suo corpo sciolto nell'acido. Così nella seconda serie de Il Cacciatore l'ossessione di Barone (nome di fantasia, che cela l'autentico magistrato Alfonso Sabella, Cacciatore di mafiosi come nell'omonimo libro da cui è tratta la fiction, ndr) si trasformerà in doloroso, acuto senso di fallimento». In onda da mercoledì 19, per quattro serate su Raidue, anche la nuova serie de Il Cacciatore è concepita nello stile svecchiato e spesso crudo - la morte del piccolo Di Matteo è silenziosamente agghiacciante - delle serie internazionali, avendo dimostrato di funzionare (la prima stagione è stata acquistata da più di 100 paesi) e anche premiata (miglior attore proprio Montanari, al festival televisivo di Cannes).

«Stavolta però Barone cambia racconta l'attore -. Dalla rabbiosa sete di vendetta della prima stagione precipita ora in un inferno sanguinolento di vendetta assoluta. Finendo schiavo della solitudine». «Non so dimenticare la notte di quel delitto», confessa lo stesso Alfonso Sablla. Questa fiction racconta gli anni della lotta Stato-mafia con una cupezza e una ferocia che, riflette Sabella, «possono essere utili a far capire cos'è realmente il fenomeno mafioso. Due cose, infatti, avevo chiesto agli autori. Che ci fosse una netta separazione fra buoni e cattivi. E che i mafiosi non fossero circondati da alcuna patina di fascino maledetto, stile Padrino. Che è un grande film. Ma che non dice come quelle persone realmente fossero». Interessante poi l'evoluzione che lo stesso personaggio di Brusca avrà (con possibili ricaschi in una terza serie, già in fase di scrittura): «Dopo l'arresto, infatti, il boss mafioso cominciò un percorso di conversione racconta la sceneggiatrice Silvia Ebreul -. Lo colpirono le parole del frate Raniero Cantalamessa, nel programma Rai A sua immagine. L'idea che Gesù potesse perdonare perfino le sue terribili colpe, lo folgorò».