Eni: d'alema vuole fare il presidente? - amara:'i vertici facevano spiare i pm'
PER L'ENI LE CATTIVE NOTIZIE NON VENGONO MAI DA SOLE - D'ALEMA SCALPITA PER FARE IL PRESIDENTE, E SI FA INFILARE NEL 'TAVOLO' DI MAGGIORANZA PER LA MEGA-INFORNATA DI NOMINE - INVECE NELL'UDIENZA SUL PROCESSO NIGERIA, L'EX LEGALE AMARA SOSTIENE CHE I VERTICI DELL'AZIENDA FACEVANO SPIARE I PM CHE INDAGAVANO SU DI LORO, E CREARE DOSSIER SUI MEMBRI DEL CDA PIÙ ''RIOTTOSI'' TIPO ZINGALES
1. NOMINE, D'ALEMA ELOGIA I GRILLINI: CERCA UN FUTURO «A 6 ZAMPE»
Da ''il Giornale''
C' è un cane a sei zampe nel futuro di Massimo D' Alema? Nel Palazzo il tam tam è sempre più insistente: l' ex premier Ds punta alla presidenza dell' Eni.
Per questo, nello stupore generale, si è fatto infilare da Leu nel «tavolo» di maggioranza al quale fervono le trattative in vista della mega-infornata di nomine della prossima primavera.
Anzi, dentro la stessa Leu c' è chi storce il naso: «Sta lì a nome nostro ma lavora per sé». Del resto, letta la lunga sviolinata di D' Alema ai grillini, pochi giorni fa sull' autorevole house organ di M5s, ossia Il Fatto, molti si sono interrogati: cosa vuole Baffino? La risposta più gettonata era: tenta di ricicciare per il Quirinale, come Prodi.
Perché, se no, sdilinquirsi così per quei dilettanti allo sbaraglio dei grillini, decantando le meravigliose sorti progressive di un' alleanza tra loro e il Pd e lodando la «carica innovativa» del casaleggismo? E invece no: il Colle è fuori portata. Ma il vertice Eni sarebbe un ricco premio di consolazione, se oltre al via libera Pd arriverà anche quello di M5s.
2. "I VERTICI ENI HANNO FATTO SPIARE I PM CHE INDAGAVANO SU DI LORO"
Antonio Massari per il “Fatto quotidiano”
L'Eni spiava i magistrati che accusavano l' ad Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni di corruzione internazionale per la maxi tangente da 1,092 miliardi di dollari che, secondo l' accusa, il colosso italiano avrebbe pagato per ottenere il giacimento petrolifero Opl 245 in Nigeria.
A rivelarlo davanti ai magistrati milanesi, che ieri hanno depositato il verbale dei suoi interrogatori, è Piero Amara, ex avvocato esterno dell' Eni, a sua volta indagato (tra le diverse accuse che gli sono mosse) per aver cercato di sabotare l' inchiesta milanese contribuendo a far aprire, presso la Procura di Siracusa, un fascicolo farlocco su un presunto (e finto) complotto proprio contro Descalzi.
Non solo. Amara ha già sostenuto che l' ex manager Eni Vincenzo Armanna, imputato nello stesso processo con Descalzi, sarebbe stato contattato per ritrattare la sua versione contro l' ad dell' Eni con la promessa di una riassunzione nel colosso petrolifero. E ancora: Amara riferisce che "attraverso Denis Verdini, gli è stato nuovamente proposto di scaricare la responsabilità del finto complotto su Massimo Mantovani (ex capo dell' area legale dell' Eni, ndr) e Vella (Antonio, manager Eni, ndr)". Amara sostiene di aver ricevuto "un appunto manoscritto in originale redatto da Verdini" che gli è stato "consegnato nel corso dell' incontro avvenuto con Verdini da Ignazio Abrignani", ex deputato.
Verdini è imputato a Messina in un processo per finanziamento illecito. "Denis - dice Amara - mi scrive le dichiarazioni che avrei dovuto rendere nel processo a suo carico a Messina nel contesto mi ribadisce che qualora avessi parlato della vicenda Eni avrei dovuto sostanzialmente dire che Vella e Mantovani volevano salvare Descalzi ed erano i reali ispiratori delle manovre, sia di quella 'olio di palma' che del 'complotto'". Rintracciato dal Fatto Quotidiano, l' ex parlamentare Abrignani, dello stesso partito di Verdini (Ala), spiega: "Non ho assistito al loro incontro e non ne conosco il contenuto, ma posso confermare che Verdini mi chiese lo studio per incontrare Amara poco prima della scorsa estate, credo tra maggio e giugno".
Il 16 dicembre 2019 il procuratore aggiunto di Milano Laura Pedio e il sostituto procuratore Paolo Storari chiedono a Piero Amara: "Ha riferito circa la raccolta informazioni sul conto di magistrati e i membri del consiglio di amministrazione da parte dell' Eni. Può riferire chi sono queste persone e la fonte delle sue conoscenze?".
Amara risponde: "Ho saputo da Claudio Granata (numero due dell' Eni e braccio destro di Descalzi, ndr) e mi è stato confermato da Rapisarda (Alfio Rapisarda, responsabile sicurezza della compagnia, ndr) che l' Eni in relazione al procedimento Opl 245 (o altri procedimenti che coinvolgevano la società) ha svolto una attività di raccolta di informazioni nei confronti dei membri del consiglio di amministrazione tesa ad acquisire notizie utili per screditare le persone o sfruttare a proprio vantaggio quanto acquisito.
So con assoluta certezza che questa attività è stata svolta nei confronti di Karina Litvack (consigliere di amministrazione del gruppo, ndr) (), Luigi Zingales (ex consigliere, ndr) (in modo particolarmente pressante), nei confronti del giornalista Gatti (Claudio, ndr), nei confronti del dirigente Cao (Stefano, ndr). Mi risulta che sono state raccolte informazioni sui pubblici ministeri Paolo Storari, Sergio Spadaro e il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale.
Ho già riferito in merito all' attività svolta nei confronti del procuratore aggiunto Ielo (Paolo Ielo, procuratore aggiunto di Rona, ndr). So anche che erano state acquisite informazioni su coloro che avrebbero potuto presiedere i collegi giudicanti del processo Opl 245". La versione di Amara ovviamente è tutta da verificare, ma il contenuto delle sue dichiarazione è davvero inquietante.
"Mi è stato detto - continua Amara - che sono state acquisite notizie, oltre che dalle banche dati, anche attraverso pedinamenti e intercettazioni ambientali in luoghi di incontro (ristoranti, bar). Mi è stato detto che l' esito delle attività svolte sui magistrati non hanno dato alcun risultato utile per l' Eni".
I verbali di Amara sono stati depositati ieri dal pm Fabio De Pasquale nel processo sulla maxi tangente dell' Opl 245 dopo che mercoledì aveva deposto in aula il super testimone dell' accusa, il nigeriano Isaac Eke, che Armanna aveva indicato in precedenza con il nome di Viktor.
Secondo Armanna, Eke gli aveva riferito che 50 milioni della presunta tangente erano rientrati in Italia, consegnati, nel 2011, al dirigente Eni Roberto Casula. Eke, che in una lettera aveva confermato di aver conosciuto Armanna nel 2009 e si era detto disponibile a testimoniare, in Tribunale a Milano ha negato tutto, ammettendo di aver fugacemente incontrato Armanna un paio di volte tra il 2014 e il 2015, quindi in un periodo ininfluente per le indagini.
Negli atti depositati da De Pasquale, però, si scopre che la posizione di "Viktor" appare nella "bozza di memoria che Armanna, su indicazione di Granata, predispose nel maggio del 2016". È una memoria che, secondo Amara e lo stesso Armanna, era stata predisposta proprio per ritrattare le accuse contro Descalzi in seguito alle pressioni di Eni. "Un ultimo appunto a pagina 4 riporta il nome 'Victor'", dice Amara, "anche di questo appunto all' epoca non capii il significato, mentre oggi le cose mi sono certamente più chiare".