"Vertici di Bankitalia accondiscendenti con popolare di Bari": l'ordinanza del gip

L'ex ad dell'istituto sostiene che da via Nazionale avrebbero potuto rimuovere i due Jacobini e non lo fecero. La replica: "Non c'erano i presupposti". Le intercettazioni: "Siamo stati capaci con un cucchiaio di marmellata di farcire una scatola di fette biscottate"

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Una sede della popolare di Bari

Avrebbero potuto rimuovere i vertici della Banca Popolare di Bari e non l’hanno fatto. È l’accusa che, fatta da uno degli indagati, che si legge nell’ordinanza del tribunale del capoluogo pugliese con la quale ha disposto gli arresti domiciliari di Marco e Gianluca Jacobini, il primo già presidente del consiglio d’amministrazione e amministratore di fatto della Banca Popolare di Bari e il secondo vice direttore generale e direttore generale di fatto dell’istituto di credito barese, e di Elia Circelli, ex Responsabile della Funzione Bilancio e Amministrazione della Direzione Operations dell’azienda. Dal canto suo, però, Bankitalia si difende: “Non c’erano i presupposti”, precisano da via Nazionale.

Dalle false comunicazioni alle estorsioni: le accuse nei confronti degli indagati

I due Jabobini, indagati con altre sette persone, sono accusati a vario titolo i reati di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza per le presunte false comunicazioni inviate alla Consob e alla Banca d’Italia. Vengono contestati anche maltrattamenti e estorsioni nei confronti di Luca Sabetta, ex chief risk officer, che denunciò in procura i presunti abusi subiti.

L’indagine della Procura di Bari era partita per accertare le cause che hanno portato al dissesto finanziario della Banca Popolare di Bari, recentemente commissariata dalla Banca d’Italia. Il lavoro degli inquirenti ha portato alla luce una lunga serie di condotte illecite: dall’esposizione di bilanci falsi, all’omissione di rilevanti informazioni nella redazione dei prospetti informativi diffusi in occasione della offerta pubblica di acquisto di nuove azioni, all’ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza svolte dalla Consob.

“Estrema accondiscendenza della Banca d’Italia”

A parlare ai magistrati del presunto ruolo di Bankitalia l’ex amministratore delegato, Giorgio Papa, anche lui indagato. Papa rilevava l’ “estrema accondiscendenza dei vertici della Banca d’Italia, che pur avendo rilevato la grave e ristagnante situazione conseguente al conflitto d’interessi venutasi a creare in seno alla Banca Popolare di Bari, non ha mai esercitato i poteri di ‘removing’ attribuiti dalla legge allo stesso supremo organo di vigilanza”. 

Bankitalia, però, precisa di aver già chiarito. Il 13 gennaio scorso ha pubblicato sul sito una nota in cui spiegava perché nel caso della Banca Popolare di Bari non vi erano i presupposti per l’utilizzo del potere di rimozione di uno o più esponenti aziendali. “Questo potere - sottolinea Via Nazionale - può essere esercitato anche nei confronti di esponenti che soddisfino i requisiti di idoneità previsti dalla normativa ma devono sussistere evidenze oggettive, idonee a provare che la permanenza in carica dell’esponente sia di pregiudizio per la sana e prudente gestione della banca”.

“Siamo stati capaci con un cucchiaio di marmellata di farcire una scatola di fette biscottate”: le carte

L’Istituto è stato commissariato il 13 dicembre. Poche ore prima i due Jacobini avrebbero messo “in atto condotte di occultamento dei profitti illeciti” trasferendo dai loro conti correnti, cointestati alle rispettive mogli, somme per complessivi 5,6 milioni. Ma i fatti contestati risalgono a molto tempo prima. Nella redazione dei bilanci della Banca Popolare di Bari, dei documenti contabili e nelle comunicazioni alle autorità di vigilanza gli indagati si vantavano: “Siamo stati capaci con un cucchiaio di marmellata di farcire una scatola di fette biscottate”, si legge in un passaggio di una intercettazione del maggio 2017 tra i due indagati Giuseppe Marella, responsabile dell’Internal Audit della BpB ed Elia Circelli, responsabile della Funzione Bilancio e Amministrazione della Direzione Operations della Popolare di Bari, quest’ultimo arrestato oggi con gli ex amministratori Marco e Gianluca Jacobini.

Nella conversazione Marella farebbe riferimento, secondo l’accusa, al fatto che “la predisposizione dei documenti non risponda a criteri di veridicità e trasparenza, risultando perlopiù il frutto di aggiustamenti volti al raggiungimento di importi prefissati”. A proposito dei “numeri” Circelli dice che “rispondono non a logiche di correttezza, di veridicità, autorevolezza... no e perché tu devi fare il piacere a qualcuno... rispondono alla logica della piaggeria...per far vedere a quello che ha detto deve uscire 10... là deve uscire... allora mettono i 10... ma non è che... cioè sono cose assurde guarda...”. Nella stessa conversazione Marella parla di “numeri che sono sbalorditivi, mostruosi, io mi vergogno di questo lavoro”.

Un dipendente: “Jacobini governava la banca con lo sguardo. Tra padre e figlio un potere assoluto”

Pur non avendo più ruoli, l’ex presidente “Marco Jacobini governava la Banca con lo sguardo”. Lo ha detto agli dipendente della Banca Popolare di Bari, Benedetto Maggi. Dalle dichiarazioni si evince che sebbene privi dei poteri per gestire le relazioni con i clienti, soprattutto quelli più esposti come il gruppo Fusillo recentemente fallito, gli Jacobini tenevano tali rapporti. Senza “alcun titolo”, inoltre, l’ex presidente partecipava al comitato crediti ma la presenza non veniva verbalizzata e, anzi, le “verbalizzazioni venivano falsificate” per non far emergere la presenza della famiglia Jacobini non legittimata ad essere presente. Dunque, in base alle dichiarazioni raccolte dagli inquirenti, nella Popolare di Bari c’era “un potere assoluto” del duo composto da padre e figlio.

L’ex dg della Consob: “Arrivavano esposti ogni giorno”

Consob ha “ricevuto esposti ogni giorno” sulla determinazione dei prezzi delle azioni, in occasione dei due aumenti di capitale della Banca Popolare di Bari del 2014 e del 2015. Ciò accadeva perché l’istituto di credito barese aveva “collezionato una serie piuttosto nutrita di ordini di persone che volevano vendere” e non ci riuscivano. A spiegarlo nel 2017 agli inquirenti baresi che indagano su BpB e che oggi hanno ottenuto l’arresto degli ex amministratori Marco e Gianluca Jacobini, è stato l’allora direttore generale della Consob, Angelo Apponi.

″È come se io facessi il prezzo ad una società quotata senza tenere conto dei prezzi di mercato, e poi, come dire, la mattina dopo non riesco a venderlo, punto e basta”, spiegava.

Apponi continuava: “Banca Popolare di Bari è in questa condizione” che ”è andata avanti in maniera massiccia dal 2015 al 2016. Poi, ad un certo punto, fine 2016, la banca decide di immaginare un mercato possibile per lo smobilizzo. Le azioni Banca Popolare di Bari oggi sono trattate su un mercato, che non è quello ufficiale di Borsa, ma è gestione ad intermediario, si chiama HI-MTF, dove c’è un meccanismo molto particolare di gestione del prezzo”. Per Apponi ”è chiaramente un sistema che aveva lo scopo di non fare crollare il prezzo tutto di un botto”.