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Coronavirus, quando sarà pronto un vaccino

Per la messa a punto di un nuovo vaccino, come specificato dal professor Fabrizio Pregliasco dell’Università degli Studi di Milano, sono necessari anche dai 6 agli 8 anni, tuttavia in casi di particolare necessità i tempi possono essere sensibilmente ridotti. Alla luce delle caratteristiche del coronavirus 2019-nCoV, diversi esperti – tra i quali il professor Giuseppe Ippolito dello Spallanzani di Roma – ritengono che la preparazione possa essere resa disponibile al termine del focolaio. Ecco cosa sappiamo.

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Tra le armi più efficaci per combattere una malattia infettiva come il nuovo coronavirus emerso in Cina (2019-nCoV) c'è sicuramente il vaccino, tuttavia sviluppare una preparazione di questo tipo può richiedere molto tempo, come specificato ai nostri microfoni dal virologo Fabrizio Pregliasco dell'Università degli Studi di Milano; in media, infatti, per la messa in commercio di un nuovo vaccino si impiegano dai 6 agli 8 anni. Tale procedura, come affermato dallo specialista, in determinate circostanze di necessità può essere accelerata; è ciò che è avvenuto per il contrasto del virus Ebola, una malattia altamente letale per la quale è stato necessario tagliare i passi della filiera standard. Ma il nuovo coronavirus è responsabile di una “influenzona”, i cui sintomi più diffusi sono febbre, tosse e dolori muscolari, e pur potendo precipitare in una grave forma di polmonite nei pazienti più suscettibili, i possibili effetti collaterali di un vaccino non testato possono essere decisamente più rischiosi, come indicato dallo stesso Pregliasco. In altri termini, il gioco non varrebbe la candela.

I tempi per un vaccino contro il coronavirus

Dunque quando sarà pronto un vaccino per il nuovo coronavirus? Difficile dare una risposta precisa a questa domanda. Il professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Ospedale Spallanzani di Roma dove si trovano i due pazienti cinesi colpiti dalla patologia (i primi casi in Italia di coronavirus), durante una conferenza stampa ha specificato che a causa dei tempi necessari per metterne a punto uno, il preparato potrebbe diventare disponibile dopo la chiusura di questo focolaio. Quindi mesi, se non anni nel peggiore dei casi. Secondo il professor Pregliasco potrebbero volerci dai 6 agli 8 mesi per far fronte a questa emergenza sanitaria, ma al momento si tratta soltanto di stime. Il dottor Rino Rappuoli, vaccinologo di fama internazionale e dirigente presso il Dipartimento di Ricerca e Sviluppo della società GSK Vaccine, ha sottolineato che con le conoscenze e le tecnologie attuali un vaccino contro 2019-nCoV può essere sviluppato entro una settimana, ma si tratterebbe del prototipo basato sull'identificazione dello stipite virale. Prima di vedere un simile prodotto sugli scaffali della farmacia possono volerci mesi, perché sono necessari fondamentali test di sicurezza. “Non puoi sparare a milioni di persone un vaccino che non hai controllato”, ha affermato Pregliasco. La vicinanza genetica del nuovo coronavirus con quello della SARS (Severe acute respiratory syndrome) sta agevolando il lavoro degli scienziati, che sperano di arrivare a una soluzione in tempi rapidi. Tra i laboratori più avanti nello studio del 2019-nCoV c'è il Peter Doherty Institute for Infection and Immunity (Doherty Institute) dell'Università di Melbourne, in Australia, il primo istituto al di fuori della Cina a disporre del virus. Gli scienziati guidati dal dottor Julian Druce lo hanno ottenuto isolandolo da un campione del primo paziente identificato nella “terra dei canguri”; le colture saranno utilizzate per studiare il comportamento del virus, mettere a punto test diagnostici e appunto un possibile vaccino.

Perché è importante vaccinarsi contro l'influenza

In attesa che sia pronto un potenziale vaccino, i medici di famiglia della Federazione italiana di Medicina Generale (FIMMG) consigliano di tutelare se stessi e il prossimo con il vaccino antinfluenzale. La ragione risiede nel fatto che, pur non contrastando direttamente 2019-nCoV, essere protetti dall'influenza comune aiuta a limitarne la circolazione. Poiché questa diffusa patologia condivide diversi sintomi con l'infezione del nuovo coronavirus, vaccinandosi si aiuta la cosiddetta diagnosi differenziale, agevolando e velocizzando l'isolamento dei veri casi innescati dal nuovo patogeno. Senza contare la ridotta pressione sul sistema sanitario (fra l'altro predisposto per affrontare una emergenza), come specificato dal presidente della FIMMG Silvestro Scotti.