Coronavirus, parla la virologa Ilaria Capua: “Questa epidemia ci costerà tantissimo”
Ilaria Capua, virologa italiana di fama mondiale, risponde dal suo ufficio alla Florida University alle domande di Fanpage.it sul Coronavirus: “Questa sarà un’epidemia che costerà tantissimo. questo coronavirus finirà per fare il giro del mondo. Già oggi potrebbero esserci molti più infetti di quel che si crede”.
by Francesco Cancellato“Questa sarà un epidemia che costerà tantissimo”. Ilaria Capua risponde dal suo ufficio alla Florida University, dove insegna e fa ricerca presso il One Health Center of Excellence , l’istituto delle malattie emergenti. Virologa di fama mondiale, eletta "mente rivoluzionaria" dalla rivista Seed e nella top 50 degli scienziati del pianeta secondo Scientific American, Ilaria Capua è nota anche per il suo impegno politico nelle file di Scelta Civica, di cui è stata deputata tra il 2013 e il 2016, e ha da poco pubblicato un libro intitolato “Salute Circolare” (Egea, 2019). Di politico, nelle sue parole, è rimasto ben poco: “Io credo che alle persone dobbiamo dire la verità”, esordisce al telefono.
E qual è la verità, professoressa Capua?
"La verità è che ogni tanto emergono dei virus nuovi, delle malattie nuove. Che alcune di queste infezioni arrivano dal serbatoio animale. Molte di loro le conosciamo bene: la rabbia, ad esempio, è una di queste malattie che si trasmettono dall’animale all’uomo e la conosciamo da millenni anni. Altre volte, purtroppo, questi virus sono del tutto nuovi. E a volte hanno tra le loro caratteristiche la trasmissibilità dall’animale all’uomo. E poi, anche a seguito di rari eventi di trasmissione, è possibile si aggiungano casi di trasmissione inter-umana, da uomo a uomo. Se tutta questa catena di eventi accade, come sta accadendo oggi, è possibile che qualcuno si ammalerà di coronavirus anziché di influenza tradizionale. Questa è la verità".
Detta così non sembra tragica…
"Per ora non lo è. Il numero di decessi è limitato, se si considera il numero totale degli infetti, che è molto elevato ed è stato inizialmente sottostimato".
Come mai?
"Perché nessuno conosceva quel virus, molto banalmente. E se la gente arriva all’ospedale con sintomi simil- influenzali, generalmente i medici lo rimandano a casa. In questi casi, c’è un enorme difficoltà nel fare la diagnosi per primi".
Le autorità cinesi, soprattutto quelle locali di Wuhan, non potevano fare meglio di così?
"Beh, prima di mettere sotto sequestro 11 milioni di persone in una città piena di studenti devi capirci qualcosa. Io credo che la collaborazione del governo e delle autorità cinesi ci sia stata molto più che in passato. Però…"
Però?
"Però non so se queste misure saranno state sufficienti a evitare una pandemia. Io temo si ripeterà quel che è successo con l’influenza suina".
Cioè?
"Cioè che anche questo coronavirus finirà per fare il giro del mondo. Già oggi potrebbero esserci molti più infetti di quel che si crede".
Addirittura?
"Faccio un esempio: da Wuhan, prima che fossero messe in atto le misure di controllo, si sono mosse centinaia di migliaia di persone, forse milioni, per andare a trovare la famiglia nell’unico periodo di vacanza della Cina, il loro Capodanno. Se anche una minima parte di quelle persone fosse stata già infetta, vuol dire che le città sono state messe in sicurezza troppo tardi".
Quand’è che lo scopriremo?
"Molto presto. Se nei prossimi 3-4 giorni troveremo un aumento di casi significativo vuol dire che presto o tardi ne scopriremo parecchi anche fuori dalla Cina. I cinesi viaggiano tanto".
Aspettiamoci cattive notizie, insomma…
"C’è anche una buona notizia, in realtà".
Quale?
"Che il virus di Wuhan sta facendo il giro del mondo, ma lo sta facendo più lentamente: l’influenza suina pandemica, dopo 5 giorni, era già in Nuova Zelanda. Questo virus è emerso ai primi di dicembre e ci ha messo un mese a diventare preoccupante e a farsi vedere da altre parti del mondo".
Però, si legge, il virus potrebbe evolvere…
"È già evoluto, in realtà: ha acquisito la capacità di trasmettersi da uomo a uomo. Va detto anche, però, che in genere la regola insegna più un virus si adatta e diventa contagioso, meno è virulento".
Davvero?
"Pur con significative eccezioni, questa è una regola di massima del mondo dei virus. Ebola, ad esempio, è un virus poco contagioso – si trasmette con liquidi biologici – ma ha una mortalità del 60%-70%. La comune influenza che infetta milioni di persone ogni inverno è molto meno mortale. Noi virologi non dobbiamo mai dare parole di certezza, però. Se l’ultima pandemia, quella di influenza suina del 2009, non ha portato alla morte di milioni di persone, è stato grazie ai vaccini e a una risposta internazionale forte e decisiva".
Veloce o lenta che sarà, siamo quindi in presenza di una pandemia globale…
"Attenzione: se si parla di pandemia o emergenza globale, non si parla di una malattia che uccide tutte le persone, ma che ne infetterà tante. La differenza è enorme".
Dobbiamo stare tranquilli, quindi?
"No. Dobbiamo essere consapevole di quali sono i rischi. Il rischio, ad esempio, è che si fermino i servizi essenziali. Se si fermano i medici, o i ferrovieri, o la catena di distribuzione alimentare è comunque un problema enorme per le nostre società. La comunità internazionale si sta muovendo e dando direttive non perché prevede che le persone moriranno in massa, ma perché è possibile che in presenza di un virus ad alta contagiosità, debba imporre una quarantena forzata a gran parte della popolazione. Una quarantena che impedirà loro di andare a lavorare. Il pericolo e’ che si rallentino o si blocchino i servizi essenziali".
È colpa della globalizzazione, tutto questo?
"Sicuramente siamo più esposti oggi di prima. Ma sono fenomeni che sono sempre successi. L’influenza spagnola ha fatto il giro del mondo, ma ci ha messo un anno. Le pandemie di influenza degli anni cinquanta hanno fatto il giro del mondo un po’ più velocemente. L’influenza suina del 2009 l’ha fatto in un lampo. In un momento in cui gli spostamenti di persone e merci sono quel che sono, tutto avviene in maniera molto rapida".
Ha ragione chi dice che dovremmo chiudere i nostri confini, quindi?
"Possiamo fare di meglio, in realtà".
Ad esempio?
"Ad esempio, evitare il contatto uomo-animale coi pipistrelli. E magari assumere la consapevolezza che nel nostro ecosistema tutto è collegato perché viviamo in un sistema chiuso. E anche la salute è circolare".
Si spieghi meglio.
"Il passaggio di un virus da un animale all’uomo è tanto più frequente quanto più si spostano gli animali selvatici dal loro habitat, ad esempio a causa della deforestazione. È andata così anche con Ebola. Gli abitanti della Guinea avevano deforestato, e al posto della foresta ci avevano messo un enorme palmeto. I pipistrelli si sono trasferiti nel palmeto perché era molto più comodo: non c’erano predatori, il cibo era abbondante. I braccianti si sono portati a casa i pipistrelli da far cucinare alle mogli. Le mogli si sono ammalate di ebola. Anche col coronavirus è andata così: e in poche settimane un virus che stava in una foresta della Cina è arrivato in pochi giorni in un ospedale a Chicago. Noi siamo i guardiani del pianeta. Se non esercitiamo questo ruolo, con percorsi innovativi e coraggiosi vinceranno sempre il virus e il pipistrello".