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Foto LaPresse, elaborazione grafica di Enrico Cicchetti

Calciomercato, gennaio di colori

Da Eriksen a Cutrone, passando per gli addii di Florenzi e Suso. Ma il regalo più suggestivo se l’è accaparrato il Milan con Ibrahimovic

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[Anticipiamo un articolo del numero del Foglio Sportivo in edicola domani e domenica. L'edizione di sabato 1 febbraio e domenica 2 febbraio la potete scaricare qui dalle 23,30 di venerdì 31 gennaio]

 


Si è chiuso gennaio, nessuno ha dormito, c’è stato il calciomercato. Ha portato doni un po’ a tutti, come un Babbo Natale in ritardo per un guasto della slitta. E sono stati bei regali o piccoli pensieri, cianfrusaglie scoperte al banco dell’usato, oppure, ma solo in piccolo saldo, oggetti di marca. Come l’Eriksen dell’Inter, capace da solo, con la giocata inserita in un gioco, di vincere una partita magari un po’ ingolfata.

Il regalo più suggestivo se l’è accaparrato il Milan con Ibrahimovic, una sorta di cappotto su misura fatto dal sarto. Taglia extra lunga ma asciutta, con un tessuto antico, un vecchio cardato per dirla alla pratese, ma per questo robusto e di fascino. Ibra ha scaldato, con il suo cappotto, tutta San Siro e il calcio italiano in generale. Ha giocato soprattutto di sguardi, camminando sulle acque come un Gesù. Il miracolo del suo avvento si è tradotto in vittorie sul campo e strategie sulle tribune. Dove Boban ha scelto di liberarsi di un pacco come Piatek, dono costoso e rivenduto a caro prezzo, perché il mercato trova sempre qualche acquirente che ha voglia di spendere senza preoccuparsi troppo del come e soprattutto del perché. Al Milan hanno ceduto anche Suso, che il pubblico aveva messo a sedere sulla punta della Madunina come una specie di tortura. Di lui il milanista sopportava poco o niente, ma soprattutto quel niente dato ormai per scontato, la sua finta a rientrare che anche l’erba, con i suoi fili sottili, ormai conosceva.

La Roma ha gettato la spugna, e l’ha raccolta Florenzi per cancellare se stesso dalla capitale. Con lui, dopo Totti e De Rossi, se ne va un ventennio. Florenzi non è stato quello che si pensava che fosse, un capitano carismatico. Però ha giocato sempre con impegno e capacità, onorando una maglia certamente da lui molto amata. Il ritorno del malato immaginario, Spinazzola, lo ha definitivamente convinto a lasciare la città per emigrare in Spagna, dove il suo calcio elettrico tornerà a brillare, forse; chissà.

Il Napoli ha cambiato direzione, stava procedendo verso il mare aperto in cerca di un naufragio e invece all’improvviso ha virato con prudenza in direzione porto. Ha comprato tanto, non si sa se bene o benissimo, ma scegliendo di gettare la zavorra con largo anticipo, visto che le sue mosse preparano la rivoluzione di giugno, dove scopriremo in modo definitivo quali siano i Masaniello condannati da De Laurentiis all’esilio. Molte altre si sono mosse, su tutte la Fiorentina che con Commisso non sta a guardare, perché a guardare si fa peccato e non si vince nulla. Insomma a gennaio nessuno ha dormito, e chi lo ha fatto si è perso un bello spettacolo di storie, di sorrisi, di pianti e di colori.