Coronavirus, i risvolti catastrofici per l'economia: l'italia ha gia' perso 14 miliardi di euro
AL MERCATO DELL’EPIDEMIA – IL CORONAVIRUS POTREBBE ESSERE UN GRAN CASINO PER LA CRESCITA GLOBALE. IN VENTI GIORNI DI ALLARME L’ITALIA HA GIÀ PERSO QUALCOSA COME 14 MILIARDI DI EURO (IL 40% DEGLI INVESTIMENTI DELLE IMPRESE CINESI NEL NOSTRO PAESE) – MA IL PEGGIO DEVE ANCORA VENIRE: L’APICE SARÀ NEL MESE DI MARZO E SARANNO GUAI PER TURISMO, LUSSO E ALIMENTARE MADE IN ITALY
Marco Bardesono per “Libero quotidiano”
La percentuale è di quelle che fanno paura. Un 30 per cento tondo tondo che oggi si ripercuote non solo sul calo degli ultimi venti giorni, del fatturato di ristoranti e market cinesi in Italia. Una percentuale che entro due mesi potrebbe estendersi a diverse attività produttive, commerciali e di servizi di aziende italiane. Lo spiega con molta semplicità Paolo Hu Shaogang, presidente della Federazione Nazionale Italia Cina: «Ad esempio, le materie prime con cui si cucina nei ristoranti cinesi - dice - sono state acquistate qui, in Italia» e quel -30 per cento, i cinesi lo condividono con gli italiani: produttori e distributori di generi alimentari come il riso, acquistato in prevalenza nel Vercellese.
Senza considerare i dati e le proiezioni finanziarie di Morgan Stanley, che sottolineano come l' epidemia di Coronavirus in Cina potrebbe danneggiare la crescita globale nel breve termine, per esempio, tagliando fino a un punto percentuale la crescita cinese e bloccando quasi completamente l' import -export con l' occidente. In Italia venti giorni di virus di Wahan avrebbero già fatto perdere qualcosa come 14 miliardi euro. Esattamente il 30 per cento del totale degli investimenti indiretti (e in chiaro) delle imprese cinesi nel nostro Paese.
INTERSCAMBIO COMMERCIALE
I dati sono della Fondazione Italia-Cina per la quale sono oltre 600 le aziende italiane a capitale misto, principalmente nei settori chiave del Made in Italy, che fatturano 18 miliardi euro e impiegano più di 30 mila persone. Oltre duemila, invece, sono le aziende cinesi a capitale italiano, per 160 mila dipendenti in Cina, e un giro d' affari di 25 miliardi di euro. Da sottolineare come, nel 2019, l' interscambio commerciale tra i due Paesi abbia superato i 50 miliardi di dollari annui e vanti un poderoso trend in crescita - almeno fino a venti giorni fa, prima dell' esplosionde della psicosi.
Ma il peggio deve ancora venire e tutti gli indicatori concordano nel prevedere che l' apice sarà nel mese di marzo. I settori che, allo stato dei fatti, sembrano perdere di più, sarebbero quello alimentare interno (30%), i trasporti mercantili marittimi e il turismo con un calo delle prenotazioni (disdette comprese) superiore al 50%, benché finora nessuna compagnia italiana (a differenza di quelle di altri Paesi europei) abbia ancora cancellato i voli per e dalla Cina.
Ci sono poi le disdette a pioggia su quelle rotte aeree che in Cina fanno scalo, per poi raggiungere paesi come il Giappone o l' Australia. «Siamo preoccupati - ha aggiunto Paolo Hu Shaogang - per l' impatto che questa emergenza sanitaria potrà avere a livello economico, ma anche per gli obiettivi di collaborazione, integrazione e coesione sociale che stiamo portando avanti».
CRESCITA RALLENTATA
Le ripercussioni riguardano anche l' industria, e possono mettere a rischio imprese come quella creata attraverso la joint venture tra Carnival Corporation e Cssc, una delle più grandi aziende cinesi di costruzioni navali.
L' interscambio commerciale tra i due Paesi finora era contraddistinto da un trend di crescita delle esportazioni italiane, maggiore rispetto all' aumento delle importazioni dalla Cina. Secondo Vincenzo Petrone, direttore generale di Fondazione Italia Cina, il Dragone potrebbe essere per l' Italia «la migliore opportunità nei prossimi 30 anni», ma Coronavirus rischia, quantomeno, di rallentare il processo di crescita.
Un altro esempio riguarda il settore mercantile e commerciale. Infatti, da quando i cinesi gestiscono il Pireo, il traffico dei container verso l' Italia e l' Europa è cresciuto addirittura di sei volte e il porto ellenico è passato dalla 93esima posizione mondiale alla 36esima, diventando il terminal marittimo con la crescita più rapida al mondo. Proprio ieri è stato annunciato il blocco al Pireo di alcune navi provenienti dall' Oriente con prodotti destinati all' Italia, peraltro non soltanto riservati ad aziende o market cinesi. Uno stop ancora non quantificabile in termini economici, ma che se perdurasse provocherebbe effetti favvero devastanti per, l' Italia e per l' intero continente europeo.