Nonostante la Brexit, il Regno Unito lascia la sua impronta sul mercato digitale europeo

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BrasilNut1 via Getty Images

Il Regno Unito abbandona l’Unione Europea ma lascia dietro di sé un’importante eredità per quanto riguarda le telecom, i mercati digitali e la loro regolamentazione. Storicamente il Regno Unito è stato infatti lo Stato membro europeo che maggiormente ha spinto per la liberalizzazione europea delle telecom e la creazione di un mercato unico digitale. Ciò è avvenuto all’inizio degli anni ’90 quando il Regno Unito ha iniziato ad esportare in Europa i processi di politica industriale che già erano stati implementati durante il periodo thatcheriano: privatizzazioni e liberalizzazioni.

In virtù di questo nuovo scenario industriale, il Regno Unito ospitava (a Londra, normalmente) le filiali europee di quasi tutti i carrier telefonici internazionali, i quali vedevano nel mercato europeo un formidabile terreno per espandersi. Ma anche le grandi corporation internazionali (molte delle quali stabilite nello UK) spingevano per una liberalizzazione dei mercati europei, poiché desideravano abbassare i prezzi delle telefonate e rendere disponibili nuovi servizi di connettività.

Questi processi di modernizzazioni erano però rallentati dagli incumbent storici (in Italia la SIP, in Francia France Telecom ecc) normalmente posseduti dagli stessi governi nazionali. Il Regno Unito fu quindi il paese che maggiormente spinse per le prime direttive di liberalizzazione delle telecom (le direttive ONP degli anni ’90) che portarono alla fine dei monopoli e stabilirono la libertà di fornire servizi telefonici e dati, e persino di scegliersi l’apparecchio telefonico. Se non fosse stato per lo UK, probabilmente l’Europa avrebbe tardato nel liberalizzare le telecomunicazioni, perpetuando i telefoni grigi e le alte bollette telefoniche, nonché ritardando l’avvento di Internet.

Il Regno Unito è stato anche uno dei paesi maggiormente attenti alle questioni di concorrenza nelle telecom, applicando con forza il famoso ULL (la disaggregazione delle rete locale, cioè quella regola che consente agli operatori alternativi di passare attraverso l’ultimo miglio dell’operatore storico, e così fornire servizi finali agli utenti) ed arrivando persino ad imporre la separazione della rete dell’incumbent (British Telecom).

Ed infatti, ancora oggi il Regno Unito è il mercato europeo maggiormente competitivo a livello retail, con una quota di mercato dell’incumbent ben sotto il 30% (nel resto d’Europa è mediamente intorno al 40%). Il rimedio British della separazione della rete fu proposto ai partner europei e fu effettivamente inserito nel quadro regolamentare europeo del 2009, ma con scarsa applicazione pratico fuori dallo UK però.

UK fu anche decisivo per la regolamentazione leggera di Internet, che agli inizi del 2000 fu lasciato sostanzialmente deregolamentato salvo alcune regole fondamentali di responsabilità per gli ISP e per gli hosting provider. Tale deregolamentazione ha facilitato il boom dei servizi Internet e la diffusione delle tecnologie digitali in tutta Europea. Infine, UK è stato un grande sponsor della fine del roaming, che ha cambiato così tanto (in senso positivo) la percezione dei cittadini europei verso l’Unione.

Tutto queste riforme resteranno e continueranno e produrre i loro effetti positivi per i cittadini e le imprese europee, nonostante la Brexit. Nuove sfide però avanzano: l’emergere delle piattaforme online ed in particolare degli OTT globali (i cd. GAFA: Google, Amazon, Facebook); i problemi di sicurezza cibernetica; la corsa verso l’intelligenza artificiale; l’esigenza di sovranità tecnologica dell’Unione Europea verso USA e Cina. La dipartita del Regno Unito dall’Unione Europea indebolisce entrambi gli attori nel momento in cui l’ora delle scelte importanti si avvicina.