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BTp 2050: botto ai danni dell’attuale trentennale, non tange il “Matusalemme”

Scommessa vincente su BTp 2050, il nuovo trentennale che ha debuttato sul mercato secondario appena pochi giorni fa, mettendo a segno un rialzo del 12% dal collocamento. Snobbato il BTp 2049.

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Si può ben dire che i primi passi mossi dal BTp 2050 e cedola 2,45% (ISIN: IT0005398406), il nuovo trentennale emesso dal Tesoro un paio di settimane fa, siano andati nella direzione giusta. Dal collocamento, la quotazione è schizzata del 12%, arrivando a oltre 111, frutto certamente dell’ottima accoglienza degli investitori sul mercato secondario, ma anche e, soprattutto, della tempistica fortunata, con i rendimenti in crollo in tutto il mondo per la fame di “yield” tra gli istituzionali.

Il bond, come abbiamo scritto al suo debutto, è destinato a soppiantare nei mesi il BTp 2049 e cedola 3,85% (ISIN: IT0005363111), l’attuale “benchmark” a 30 anni.

BTp 2050, forte rialzo in pochi giorni e il rendimento scende sotto 2,30%

E guardando ai dati sulle negoziazioni, troviamo apparente conferma. In appena 8 sedute (dati al 29 gennaio), il BTp 2050 è stato scambiato 14.703 volte e per un totale di 733 milioni di euro alla Borsa Italiana. Ne consegue che la media per contratto sia stata di circa 50.000 euro e che sia passato di mano oltre il 10% dell’importo circolante, cioè quello emesso dal Tesoro. Per contro, nello stesso periodo i BTp settembre 2049 sono stati scambiati appena 1.797 volte e per soli 97 milioni di controvalore, corrispondenti a uno striminzito 0,7% dell’importo massimo negoziabile. La media per contratto sale qui a 54.000 euro, ma è passato di mano appena 1 su circa 143 euro di titoli emessi.

E il BTp 2067 e cedola 2,80% (ISIN: IT0005217390)? La stampa lo ha definito da subito bond “Matusalemme” per l’essere il più longevo mai emesso dallo stato italiano. Di contratti ne sono stati scambiati ben 22.210 e per un controvalore complessivo di 1,076 miliardi, pari a meno di 48.500 euro a contratto. In questo caso, però, è passato di mano il 13% del totale negoziabile, a conferma che il mercato si stia concentrando sulle scadenze “benchmark”, teoricamente le più liquide. E il fatto che all’attuale trentennale di riferimento non stia toccando la stessa sorte appare la conferma che gli investitori desiderino tradare al suo posto il nuovo arrivato.

Occhio ai fondamentali

Ad ogni modo, ciò non gli ha impedito un rialzo del 10%, anche se a brillare è ovviamente il BTp 2067 con un +13%.

Maggiore la “duration”, infatti, più forti i rialzi con l’abbassamento dei rendimenti. E si pensi che nell’arco di tempo considerato, il titolo a 50 anni ha visto scendere il rendimento offerto dal 2,64% al 2,19%, quello a 30 anni dal 2,43% all’1,95%. E il BTp 2050, che sbarcava sul mercato italiano al 2,50%, oggi offre l’1,87%, meno del titolo che scade un anno prima, ennesima dimostrazione di come la più alta liquidità degli scambi favorisca quotazioni più alte.

Perché il BTp 2050 rischia di eclissare il settembre 2049

L’importante è non farsi prendere dall’euforia. La caccia al rendimento giustifica i prezzi crescenti di questa fase, anche perché nel confronto con gli altri bond europei, i BTp continuano a rimanere indietro, poco davanti solamente a quelli della Grecia. Ma i fondamentali macro ci raccontano di un’economia italiana tutt’altro che in forma. Il pil si è contratto nell’ultimo trimestre dello scorso anno, a causa soprattutto della debole congiuntura internazionale. Questa da un lato aumenta le probabilità di mantenimento di politiche monetarie ultra-espansive anche per i prossimi mesi, se non anni, da parte delle principali banche centrali, ma dall’altro aggrava il rischio sovrano percepito dell’Italia, che vanta già il secondo debito pubblico più alto d’Europa dopo la Grecia.

giuseppe.timpone@investireoggi.it