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Economia italiana a rischio recessione e a Roma parlano di aumentare l’IVA

Pil italiano in calo nell'ultimo trimestre del 2019. La recessione è probabile e, anziché pensare a come sostenere l'economia, il governo "giallo-rosso" ipotizza l'aumento delle aliquote IVA dal 2021.

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E’ stata una doccia fredda la pubblicazione di questa mattina del dato preliminare Istat sul pil in Italia. Nel quarto trimestre del 2019, risulta essersi contratto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente (da +0,1%), rimanendo stabile su base annua (da +0,5%). Gli analisti si aspettavano una minima crescita.

Ad avere ripiegato sono stati i settori dell’agricoltura e dell’industria, mentre i servizi sono risultati stagnanti. Anche la Francia inaspettatamente ha visto diminuire il proprio pil dello 0,1%, probabilmente risentendo in negativo dell’ondata di scioperi che ha paralizzato il paese nelle ultime settimane dell’anno contro la riforma delle pensioni.

Nell’intero 2019, il pil italiano dovrebbe essere cresciuto dello 0,2%, paradossalmente un po’ meglio di quanto il governo si aspettasse (+0,1%). Questo non riduce affatto la gravità della situazione. Se anche nel trimestre in corso l’economia si contraesse, l’Italia entrerebbe tecnicamente in recessione per la quarta volta dal 2008, cioè da poco più di 11 anni. E sarebbe un dato abbastanza inquietante, se si pensa che il nostro pil reale, cioè depurato dall’inflazione, ancora oggi risulti di quasi 4 punti e mezzo più basso di quello nel 2007, l’anno precedente alla grande crisi internazionale.

Per capire cosa stia accadendo, basterebbe essersi letto i dati sugli ordini industriali negli ultimi mesi del 2019. Ad agosto, crollarono del 10% annuo, frutto di un pesante -16,3% sui mercati esteri e del -4% sul mercato domestico. A settembre, l’apparente timida ripresa (+0,3%) fu la combinazione tra la prosecuzione del calo sui mercati esteri (-2,3%) e il recupero su quello domestico (+2,3%). Negli ultimi due mesi a disposizione, i dati sono peggiorati su entrambi i fronti, esitando -1,5% in ottobre e -4,3% a novembre, con la componente estera ad avere performato sempre peggio, passando dal -2,6% al -7,3%, mentre quella interna ha segnato rispettivamente -0,7% e -2,2%.

La crisi dell’economia italiana è provocata dallo stato, ci vuole poco a capirlo

Il contraccolpo dall’estero e il salasso IVA

Gli ordini dell’industria sono futura produzione, ossia pil per i mesi successivi. La contrazione nell’ultima metà dello scorso anno non lascia presagire alcunché di positivo per almeno la prima parte di quest’anno.

E il fatto che ad essere andati peggio siano stati gli ordini dall’estero conferma la debole congiuntura internazionale, un guaio per l’economia italiana, esportatrice netta e con una domanda interna ancora altrettanto debole. Questa è la nota più dolente della storia: se la Germania può spingere sui consumi delle famiglie allentando la politica fiscale per rimpiazzare almeno parte delle minori esportazioni con un aumento della domanda aggregata domestica, lo stesso non è possibile per l’Italia.

I nostri conti pubblici sono già squilibrati, cioè in deficit e per oltre il 2% del pil all’anno. Con un rapporto debito/pil al 135%, che si regge solamente grazie all’azzeramento dei tassi da parte della BCE, la leva fiscale da noi è un discorso nemmeno affrontabile. I consumi delle famiglie, però, non crescono senza stimoli “esterni”, a causa dell’occupazione relativamente molto bassa nel confronto europeo, per quanto ai massimi storici, e dei redditi stagnanti. Servirebbe un taglio delle tasse e/o un aumento degli investimenti pubblici produttivi per spronarli, ma il paradosso è che a Roma si stia discutendo di aumentare l’IVA con la prossima manovra di bilancio. Questo significa il termine “rimodulazione”, accennato dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che punta così a reperire parte di quelle risorse necessarie per disattivare la perenne maledizione delle clausole di salvaguardia per il 2021.

Aumentare l’IVA implica sempre stangare i consumi, fa sempre male. Tuttavia, sarebbe un disastro totale se avvenisse in una congiuntura così sfortunata. Mentre le nostre imprese incontrano crescenti difficoltà ad esportare, il governo si occuperebbe di privarle anche del mercato interno. La produzione collasserebbe, il pil pure e il rapporto debito/pil, anziché scendere, salirebbe. I conti pubblici, in definitiva, tenderebbero a peggiorare, malgrado il salasso fiscale. No, non siamo nelle mani di incompetenti, bensì di lucidi folli, il cui unico obiettivo consiste nell’immediata sopravvivenza politica, commiserando qualche plauso tra i corridoi di Bruxelles.

E se l’economia va a rotoli, “business as usual” da qualche decennio a questa parte.

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giuseppe.timpone@investireoggi.it