Insicura Brexit. L'impatto sulla sicurezza europea e italiana, tra intelligence e minacce cyber

Per l’Italia le conseguenze saranno di tipo geopolitico. Maggiori rischi per le nostre rotte del petrolio e per la caotica situazione in Libia e nell’Africa subsahariana

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KTSDESIGN/SCIENCE PHOTO LIBRARY via Getty Images

C’è un aspetto finora non scandagliato della Brexit: l’impatto sulla sicurezza Ue e sulla sicurezza del nostro Paese. L’ambasciatore inglese in Italia Jill Morris ha voluto rassicurare i giornalisti italiani in diretta live su Facebook che i rapporti con l’Italia continueranno ad essere ottimi nei vari campi e anche in materia di sicurezza. Perché la Gran Bretagna pur uscendo dalla Ue fa sempre parte dell’Europa. Fianco a fianco anche nelle istituzioni multilaterali come la Nato. La Gran Bretagna - ha sottolineato Morrison - si sta predisponendo a negoziati con la Ue, ma in ogni caso il “periodo di transizione terminerà il 31 dicembre 2020”. Questa finestra di undici mesi permetterà quindi di stringere protocolli che riguardano i vari campi di collaborazione e quindi anche la sicurezza e i rapporti tra strutture di intelligence bilaterali ed europee nel loro complesso, che “gestiscano” il futuro.

Il professor Neil Renwick, Coventry University, UK - commentando un libro (“European Security in a Post-Brexit World”) uscito nel novembre 2019 , scritto da due studiosi italiani Stefania Paladini e Ignazio Castellani che lavorano in UK - ha sostenuto che “superficialmente Brexit sembra abbastanza semplice; ma se si scava solo un po’ più a fondo le complessità sono rapidamente evidenti. Ciò è particolarmente vero per il settore della sicurezza”.

Gli elementi altamente complessi e molto spesso “sfumati” sono relativi al framework legale e alle varie tipologie di agenzie dei settori dell’intelligence/forze dell’ordine (tra cui Europol), e al sistema di condivisione delle informazioni.
L’ Economist (30 gennaio 2020) riferisce che secondo il governo inglese l’uscita dall’Ue porterà una nuova relazione privilegiata tra UK e Stati Uniti . Ma questo comporta dei rischi, secondo l’autorevole settimanale, anche per la stessa Gran Bretagna. Soprattutto dopo la decisione del primo ministro Boris Johnson di permettere, proprio tre giorni prima della Brexit (28 gennaio) l’acquisto di servizi 5G della cinese Huawei, nonostante il monito del Segretario di Stato americano Mike Pompeo contro questo fatto che“permetterà alla Cina di controllare internet” e “metterà a rischio la condivisione dei dati intelligence dei paesi”.

Se la “relazione speciale” di Usa e Gran Bretagna potrebbe dunque non tutelare pienamente neppure UK ai tempi dell’amministrazione Trump (sono note del resto le perplessità anti Brexit del mondo dell’intelligence britannico, anche a motivo dell’asserita influenza russa in tutto il processo ), ciò sarà vero tanto più per l’Unione Europea e i singoli paesi che la compongono (tra cui in particolare l’Italia). Essi potrebbero gradualmente essere sganciati e “scivolare via ” dal sistema di sicurezza a guida americana.

Finché uno dei paesi dei “cinque occhi” (l’intellingence community costituita da America, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda) era dentro la UE, giocava naturalmente da “ponte”, da connessione: e adesso invece cosa accadrà?

La Gran Bretagna del resto sta combattendo per definire il suo ruolo nel mondo della Difesa e della sicurezza post Brexit. Il ministro degli Esteri Dominic Raab, citato dal Financial Times, ha affermato che verrà usata la Nato e le altre istituzioni europee per compensare l’erosione dell’influenza diplomatica e militare della Gran Bretagna e che la relazione con gli alleati potrà essere addirittura migliore di prima. Una relazione che diventerà “win win”.

Per l’Italia le conseguenze saranno di tipo geopolitico, perché gli inglesi (unica potenza nucleare con la Francia) hanno esercitato in Europa una funzione di contrasto all’egemonia tedesca. Noi, come Italia, potremmo finire ancora più ai margini. E questo comporterà molti rischi per le nostre rotte del petrolio e per la caotica situazione in Libia e nell’Africa subsahariana (dove Uk e Francia sono presenti in modo massiccio dopo la fine del regime di Gheddafi).

Un altro aspetto serio delle ricadute riguarda la cybersicurezza. Già l’anno scorso l’analista di cybersecurity dei servizi di rischio Cyber di Deloitte, Martina Calleri, ha spiegato a Ispi che “ la sicurezza cyber costituisce una sfida transfrontaliera e intersettoriale per gli Stati membri dell’UE, le cui infrastrutture critiche sono state sempre più digitalizzate e quindi più interconnesse e interdipendenti. Di conseguenza, dovranno essere prevenuti e gestiti potenziali attacchi informatici sistemici, a partire dalla pronta cooperazione tra i team di intelligence nazionali. Finora, questo è stato l’obiettivo delle iniziative dell’UE in materia di cybersicurezza, che prevedono un nuovo livello di coordinamento a livello dell’UE. All’indomani della Brexit, sarà ancora possibile per l’UE e il Regno Unito creare fiducia, rafforzare le capacità informatiche e gestire congiuntamente le crisi informatiche? Durante i negoziati sulla Brexit non è stata formulata alcuna chiara ipotesi che indichi cosa sarà necessario modificare per mantenere il Regno Unito nel quadro della sicurezza informatica dell’UE. Questa assenza non è passata inosservata”. Vedremo adesso cosa avverrà. Mancano undici mesi.