#JeNeSuisPasUnVirus: in Francia la vera epidemia è il razzismo

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Nei giorni scorsi, sui social network francesi sono apparsi tanti messaggi con hashtag #JeNeSuisPasUnVirus. Si tratta di testimonianze della comunità asiatica stanca di essere additata come responsabile della diffusione del coronavirus; messaggi che raccontano storie di ordinario razzismo in Francia (ma non solo), con episodi di intolleranza sui mezzi pubblici, nelle aule scolastiche e nei luoghi affollati.

Anche l'Italia non è immune da questo "contagio", non certo meno preoccupante: come scrive Mattia Feltri su La Stampa, "in provincia di Rovigo i genitori degli alunni di una scuola elementare vogliono che siano allontanati dalla classe due bambini cinesi. A Torino, denuncia Lucia King, presidente della comunità cinese in Italia, sua sorella è stata insultata in un locale perché 'ci porta la Sars' [...] non sarà il coronavirus, ma qui un’epidemia c’è di sicuro".

Nel tentativo di comprendere e analizzare il perché di questa stigmatizzazione sociale oltralpe, abbiamo parlato con la sociologa di Taiwan, Ya-Han Chuang, ricercatrice dell'Istituto Nazionale di Studi Demografici (INED) di Parigi.

La connessione tra una persona asiatica e il coronavirus è una riproduzione completa di quel modello che associa gli omosessuali al virus dell'AIDS. Un modello completamente stigmatizzante e razzista. Ya-Han ChuangYa-Han Chuang

"Questa mobilitazione fa parte di un movimento più ampio. I giovani asiatici sono molto consapevoli della questione degli stereotipi e del razzismo anti-asiatico, presente in Francia da almeno tre quarti di secolo. La prima grande manifestazione è stata nel 2016, dopo la morte di Chaolin Zhang ad Aubervilliers", un parrucchiere cinese ucciso da due giovani di 17 e 19 anni in un'aggressione razzista.

"La paura trasmessa dal coronavirus è completamente irrazionale. Titoli come "Allarme giallo" o frasi come "virus cinese" fanno pensare che tutte le persone asiatiche siano necessariamente portatrici del virus. Ma per un asiatico che vive in Francia, che non è mai stato in Asia, in Cina, o che non ci è mai stato negli ultimi tre mesi, non ha più probabilità di essere contaminato di chiunque altro".

Secondo Ya-Han Chuang, sono tre i motivi che spiegano perché la comunità asiatica in Francia è così bersagliata.

  1. Per molto tempo, gli asiatici sono stati considerati una minoranza modello, una minoranza che lavora sodo e che ha più successo. Un'idea legata ad un'immagine docile e silenziosa. Quindi, in qualche modo, pensiamo sia meno problematico fare battute sugli asiatici;
  2. In Francia vivono anche persone provenienti dall'ex Indocina: Vietnam, Cambogia, Laos. Si tratta di migrazioni post-coloniali dalle ex colonie francesi. Ma rispetto ai Paesi del Maghreb, c'è stata molta meno resistenza alla colonizzazione francese. In Algeria, è stata sanguinosa. Molti rifugiati indocinesi di prima generazione avevano un atteggiamento piuttosto grato nei confronti del regime francese. Questo ha, in un certo senso, ammorbidito i rapporti di dominio tra la società francese nel suo complesso e queste popolazioni di rifugiati. Per molto tempo si è pensato si trattasse di una popolazione che non sia arrabbiava né protestava mai. Ma ora c'è una scissione generazionale. I giovani di origine asiatica - filippini, vietnamiti, cambogiani o cinesi - si considerano soprattutto francesi. D'altra parte, c'è tra loro una forte consapevolezza di non essere stati considerati veramente francesi dopo l'adolescenza. Ma ora questi giovani sono "armati", hanno il _savoir-faire _militante, la coscienza civica per combattere queste osservazioni squalificanti. Agli anziani, soprattutto per coloro che non sono nati in Francia e che vi sono arrivati quando erano già vecchi, manca una sorta di prisma per capire o analizzare il razzismo. Per loro la Francia è spesso il simbolo di un paese ospitante che li ha accolti dopo essere fuggiti dalla guerra;
  3. L'immagine della Cina è ancora molto paradossale. Simboleggia un potere economico e allo stesso tempo un paese autoritario, un regime lontano dalla pratica democratica francese. Oltra ad essere un paese con una storia economica molto recente. Regolarmente, l'espressione "pericolo giallo" viene riattivato da parole chiave legate al commercio come "Made in China" e dà origine a una vera e propria sinofobia.
La prima generazione di immigrati asiatici in Francia non aveva strumenti critici per rispondere al razzismo. È necessario analizzare e comprendere i diversi volti di questo razzismo - diverso da quello legato alle popolazioni del Maghreb, all'islamofobia - ma che rimane un razzismo molto banale e quotidiano

"Per combattere questi pregiudizi", conclude la sociologa, "dobbiamo continuare a denunciare i commenti stigmatizzanti dei media o dei politici, ogni volta. Nella vita di tutti i giorni, di fronte al razzismo, bisogna imparare a rispondere sempre con rettitudine e umorismo, dicendo alla gente che non è giusto parlare in questo modo".

"Ogni volta che subisco insulti, cerco di mantenere la calma. Ma c'è bisogno anche di un lavoro educativo nelle scuole e nelle istituzioni pubbliche. Oggi è l'inizio della mobilitazione contro il razzismo anti-asiatico, ma c'è molto lavoro da fare per sensibilizzare l'opinione pubblica".