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App Store e quel modello su abbonamento ormai indigesto

In questi giorni si è fatto un gran parlare intorno a Fantastical, il più apprezzato calendario alternativo per iOS e macOS disponibile su App Store che dal 28 gennaio ha scelto di passare ad un formula d’uso su abbonamento.

Le applicazioni in abbonamento stanno ormai diventando sempre più frequenti su App Store e se da un lato questo tipo di model business si rivela un grande vantaggio in termini economici per gli sviluppatori, dall’altro sta causando non pochi mal di pancia agli utenti, che si ritrovano così a dover affrontare un costante esborso per poter fruire delle loro applicazioni preferite. Tale esborso, se sommato agli ormai tanti servizi a sottoscrizione mensile come Apple Music o Netflix, arriva a raggiungere cifre considerevoli che impongono all’utente finale la necessità di mettere in atto scelte ben precise con alcune rinunce.

La formula in abbonamento è un vantaggio innegabile per lo sviluppatore, che ritrova così un flusso costante di entrate da reinvestire (si presume) in un adeguato supporto in termini di sviluppo di future funzionalità; da un lato però tale scelta impone più di una riflessione sul profilo etico della questione. Non entriamo nel merito della scelta del singolo sviluppatore, che ha la piena facoltà di decidere la formula di vendita più idonea per il proprio prodotto, ma tale libertà non può a nostro avviso mettere a repentaglio l’investimento economico dell’utente nel momento in cui quest’ultimo si vede sottratte alcune delle funzionalità acquistate (talvolta senza nemmeno sconti sull’abbonamento).

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Tale affermazione calza a pennello con quanto accaduto ad esempio con il noto client di posta Airmail, passato anch’esso ad una formula su abbonamento che ha però deliberatamente sottratto ai propri utenti funzionalità già pagate, magari anche poco tempo prima. In questo caso è davvero giusto offrire agli sviluppatori tanta libertà senza nessuna tutela dei diritti di ogni consumatore? La risposta ovviamente la lasciamo a voi ma è lampante come questo repentino cambio di strategie commerciali possa avere serie ripercussioni in termini di fiducia da parte del consumatore, che inizia ad avere un sempre maggiore calo della percezione di possesso, per quanto digitale, di un bene e la sempre minore tranquillità nell’acquisto di un prodotto che da un momento all’altro potrebbe essergli sottratto senza alcun preavviso.

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Ad oggi siamo davvero tranquilli quando acquistiamo su App Store? Per quanto riguarda il sottoscritto la risposta è no e sotto questo aspetto è doveroso un intervento di Apple in termini di regolamentazione delle modalità di vendita su App Store. Le percentuali sugli abbonamenti a favore di Apple non giocano certamente un ruolo favorevole nella questione, ma crediamo fortemente che un intervento deciso da parte dei vertici di Cupertino sia di vitale importanza per riportare la piena fiducia dei sempre più disorientati consumatori verso l’App Store, un mondo bellissimo popolato da tante applicazioni realizzate da sviluppatori di talento che ogni giorno, grazie alle loro idee, ci aiutano a semplificare molte delle nostre operazioni quotidiane.

E’ senza dubbio corretto e doveroso evidenziare come la continua fame degli utenti di nuove funzionalità imponga agli sviluppatori costanti sforzi economici e operativi per non perdere terreno nella fitta giungla di rivali che popolano App Store, ma è anche necessario evidenziare come tale modello di business non sia ormai più sostenibile per l’utente finale, sempre più stritolato nella morsa degli abbonamenti.

Anche Apple, però, ci mette del suo nel “costringere” gli sviluppatori a proporre delle soluzioni in abbonamento. Come detto prima, supportare un’app e offrire sempre nuove funzioni ha un costo di sviluppo importante che gli sviluppatori non riescono a recuperare con il modello classico del pagamento una tantum.

Una valida alternativa sarebbe quella degli aggiornamenti a pagamento, ma purtroppo per qualche motivo Apple non ha mai attivato questa possibilità su App Store. Pensate a Fantastical. La versione 3.0 porta tantissimi miglioramenti e nuove funzioni che hanno portato gli sviluppatori ad attivare un sistema in abbonamento per recuperare le spese di sviluppo. Con gli aggiornamenti a pagamento, Flexbits avrebbe potuto rilasciare un update a, facciamo un esempio, 9,99€ per i nuovi utenti e a 3,99€ per i vecchi utenti che già avevano acquistato la versione precedente. Tutti felici, nessun abbonamento.

Apple non offre però questa possibilità. Gli sviluppatori possono solo rilasciare una nuova app, affiancandola alla vecchia, oppure creare un bundle per consentire a chi ha già comprato la vecchia app di pagare di meno. Ma si tratta di soluzioni abbastanza complesse, poco logiche e poco intuitive.

Siamo davvero sicuri che perseguire con questo modus operandi sia davvero il modo giusto per instaurare un rapporto di fiducia con l’acquirente? La quadra è certamente difficile da raggiungere, ma è ormai assodato come sottrarre funzionalità acquistate in favore di un nuovo esborso costante nel tempo sia un’arma a doppio taglio che da un lato costituisce un indubbio beneficio per lo sviluppatore, ma dall’altro porta sempre più rischi per l’acquirente, mai effettivamente sicuro del proprio investimento.

Editoriali

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