Spreco alimentare: le famiglie americane buttano via un terzo del cibo che comprano
by Agnese CodignolaLe famiglie americane buttano via, in media, un terzo del cibo che acquistano. In cifre, lo spreco a stelle e strisce si traduce nella spettacolare cifra di 240 miliardi di dollari all’anno, pari a 1.866 dollari per ognuno dei 128,6 milioni di nuclei familiari esistenti. Per la prima volta uno studio è riuscito a dare un’idea esatta di ciò che accade nelle case degli americani, e il risultato, oltreché impressionante, è utile da diversi punti di vista.
Intanto da quello metodologico. Nessuno, finora, aveva fornito dati riferiti sulle famiglie, perché è sempre molto difficile rapportare lo spreco alimentare a ciò che si compra e a ciò di cui effettivamente si ha bisogno. In questo caso gli esperti del College of Agricultural sciences dell’Università della Pennsylvania hanno utilizzato un approccio diverso, e centrato l’obbiettivo. Come raccontano sull’American Journal of Agricultural Economics, hanno combinato diversi dati relativi a 4 mila famiglie campione che avevano preso parte al National household food acquisition and purchase survey dello U.S. Department of agriculture. L’indagine conteneva dati economici per capire che cosa era stato comprato e biomedici, ai quali sono state applicate formule nutrizionali per valutare cosa sarebbe stato necessario per mantenere un buono stato di salute in base a età, peso, sesso e così via.
Tutto ciò ha fornito un valore medio di spreco del 31,9%, e in più di due terzi si collocava in un range dal 20 al 50%, ma la percentuale non è scesa sotto l’8,7% riferito al cibo sprecato rispetto a quello acquistato.
Sono emersi altri particolari interessanti. Per esempio, tra coloro che buttano più cibo ci sono più benestanti e persone più attente alla salute. La cosa può sembrare paradossale, ma probabilmente è dovuta alla maggiore attenzione posta ai cibi freschi (e quindi più deperibili). Il dato però potrebbe aiutare chi emana le linee guida per riformulare i consigli evidenziando il rischio di spreco. Al contrario, tra quelli più attenti a non sprecare ci sono le famiglie più povere (per esempio quelle che hanno diritto ai buoni pasto governativi), ma anche quelle numerose, probabilmente perché la presenza di più persone aiuta a riutilizzare gli alimenti non consumati subito.
Un altro fattore sono le quantità acquistate: quando i nuclei familiari sono piccoli è più facile che il cibo acquistato sia eccessivo, e che vada sprecato. Ciò accade, per esempio, con ortaggi come i cavolfiori, spesso troppo grandi per poche porzioni. Per ridurre il fenomeno gli esperti ritengono utile fare la lista della spesa per comprare solo quello di cui sia bisogno.
Tutto ciò può essere utile per calibrare meglio le campagne antispreco, cercando di far capire quanto il fenomeno sia negativo. Infine, si dovrebbe considerare anche l’influenza dello spreco alimentare sul clima. A parte l’enorme consumo di risorse quali acqua, terra, fertilizzanti, energia e così via, è stato calcolato dalla FAO che, a livello mondiale, i gas serra emessi dagli alimenti in decomposizione – 3,3 gigatonnellate ogni anno – costituiscono la terza fonte di emissioni di CO2 dopo gli Stati Uniti e la Cina. Si tratta di un argomento importante per molte persone e che potrebbe, insieme a quelli più noti, contribuire a correggere i comportamenti individuali e familiari.