Coronavirus, parla Vittorio Feltri: il giornalista esalta l’operosità dei cinesi e spera che si superi l’emergenza

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Vittorio Feltri ha scritto un editoriale per esaminare il tema dell’accoglienza dei cinesi in Italia e il panico da coronavirus che si sta diffondendo anche nel Bel Paese: ecco il suo pensiero

C’è un motivo se le persone di nazionalità cinese vengono bene accolte in Italia, a differenza di quanto accade ai migranti che arrivano dal Nord Africa. Qual è questa ragione? Beh, il fatto che i cinesi sono persone produttive, capaci di pensare ai propri affari, di non disturbare e di non chiedere l’elemosina per strada.

Di questo è convinto Vittorio Feltri che, oggi, ha voluto parlare su Libero Quotidiano di cinesi e di coronavirus. Da ieri il virus è ufficialmente sbarcato anche in Italia con i due primi casi accertati a Roma: si tratta di due turisti cinesi che sono stati ricoverati allo Spallanzani.

Vittorio Feltri parla del coronavirus: ecco perché i cinesi vengono accolti bene in Italia

“(…) Dalle mie parti, nei dintorni di Bergamo, fino a qualche anno fa c’era un bar, sembrava un cimitero che, a un certo punto, fu ceduto a una famiglia di pechinesi. All’improvviso, quel locale in procinto di fallire si rianimò. Oggi non chiude mai nemmeno durante le feste raccomandate. È più frequentato del caffè della stazione. Vende tabacchi, giornali, pasticcini, bottiglie di vino pregiato. Insomma smercia di tutto con una gentilezza orientale, non con le maniere brusche tipicamente orobiche. È un esercizio modello, che immagino vada a gonfie vele. Sempre pieno di gente soddisfatta. La sua operosità fa riflettere sul contributo che i cinesi danno alla economia italiana a volte asfittica”.

Con queste parole, Vittorio Feltri ha voluto sottolineare- oltre al garbo e al riserbo che li contraddistingue- l’importanza che per il nostro Paese ha l’imprenditoria della popolazione cinese si stabilisce sul nostro territorio nazionale.

È un racconto pro-Cina, e che forse vuole anche mettere in atto il tentativo di scacciare il fantasma dell’odio verso i cinesi che si sta impossessando degli italiani da quando si sa del coronavirus, quello che il giornalista filtra attraverso la sua personale esperienza di vita.

Vittorio Feltri parla del coronavirus: il giornalista ricorda una sua valida collaboratrice cinese

“(…) Mentre l’assunsi pensai: hanno vinto loro, i cinesi, sono più intelligenti di noi. Non sbagliavo. Rimase con me un biennio, svolgendo la professione in maniera impeccabile”.

Queste frasi sono quelle che Vittorio Feltri ha dedicato a I, una studentessa cinese di stanza a Bologna che il giornalista prese a lavorare con lui per due anni dopo aver ricevuto una segnalazione da Giorgio Forattini. Feltri non nasconde il suo iniziale scetticismo, scomparso in un battibaleno quando mise alla prova la giovane chiedendole di scrivere un pezzo sulla scuola primaria in Cina: ne uscirono “parole vergate da Dio” che lo convinsero ad assumerla.

I ha fatto molta strada da allora e, tornata a Hong Kong, è stata poi assunta come caporedattore della maggiore televisione locale. Oggi non sappiamo cosa ne sia stato di lei perché Feltri ammette anche di aver perso i contatti, ma questa rimane una testimonianza valida sull’operosità che anima i cinesi e che li porta a raggiungere vette di successo. Fatto di cui il giornalista, proprio avendo avuto questa esperienza, non si dice stupito.

Infine, Vittorio Feltri chiude con una speranza sul Coronavirus e con un “invito” a non compatire i cinesi:

“(…) Immagino che la piaga del virus Corona sarà presto sanata, sebbene certe notizie che giungono dal Sol Levante siano inquietanti: si afferma che la popolazione si nutra di insetti e animali vivi, ingurgitati senza precauzioni. Tale pratica mi fa orrore, ma non dimentico che nelle valli bergamasche fino al 1970 i miei conterranei si nutrivano di rane e di piccoli volatili, nonché di anguille. Ignoro le cause del diffondersi del morbo che sta terrorizzando milioni di uomini e donne, ma quand’ anche esistesse l’ abitudine di divorare povere bestie, non avremmo diritto di deplorare i cinesi. Cinesi siamo stati pure noi, nel nostro piccolo”.

Maria Mento