L’impatto del Coronavirus sull’economia cinese fa paura, dubbi sui numeri di Pechino
Virus cinese un test sui rapporti tra Pechino e Occidente. L'OMS parla di "emergenza mondiale" e l'allarme pandemia irrompe sui mercati, mentre diverse multinazionali in Cina fermano la produzione.
by Giuseppe TimponeIl Coronavirus si sta trasformando rapidamente in un incubo per i governi del pianeta. Il numero ufficiale dei morti in China è salito a 213, mentre altri 2.000 risultano contagiati, portando il totale a circa 8.900. Tuttavia, la stampa occidentale è stracolma di racconti di testimoni oculari nella provincia di Wuhan, in particolare, secondo cui le vittime sarebbero molto più numerose e il virus si starebbe propagando a macchia d’olio.
Ieri, L’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha parlato per la prima volta di “emergenza mondiale”, pur precisando che la definizione non intende mettere Pechino sul banco degli imputati, anzi rimarcando come le autorità cinesi si starebbe muovendo tempestivamente.
Il virus cinese miete vittime e Macao lancia l’allarme: casinò a rischio chiusura
Sarà, ma il primo contagio da uomo a uomo risalirebbe alla metà di dicembre, stando alla rivista scientifica New England Journal of Medicine, per cui il governo cinese avrebbe temporeggiato non poco prima di ammettere la trasmissione del virus tra gli esseri umani. E meno sono credibili i dati di Pechino, più alto il rischio di psicosi. E così, ci si arrangia come si può. Diverse multinazionali hanno chiuso gli impianti per qualche settimana in Cina. Parliamo di colossi come Apple e Tesla, ma anche realtà nazionali come Alibaba stanno seguendo l’esempio di Volkswagen e Novartis, chiedendo ai propri dipendenti, quando possibile, di lavorare da casa. E Starbucks ha già chiuso la metà delle sue caffetterie sul territorio cinese.
E sono sempre più numerose le compagnie aeree che hanno sospeso i voli con la Cina. British Airways, Lufthansa, American Airlines, Swiss Airlines e Austrian Airlines, mentre il governo americano sarebbe intenzionato a imporre un divieto per tutte le compagnie in volo tra USA e Cina. Sarà pure allarmismo, ma l’impatto che il Coronavirus rischia di avere sull’economia globale non sembra insignificante, se l’altro ieri lo ha ammesso anche il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, il quale nei fatti segnala di monitorare gli sviluppi per capire come muoversi sul piano della politica monetaria.
Coronavirus un test per Cina e Occidente
Certo, che la Cina vada in recessione per la pandemia dovremmo escluderlo. Ciò non toglie che il rallentamento della crescita ci sarà, fosse anche temporaneo, perché la chiusura degli impianti produttivi, la cancellazione dei voli e il presumibile calo delle esportazioni, specie di generi alimentari, un colpo al pil lo stanno già assestando. Le ripercussioni si avranno, anzi si stanno già avendo, nel resto del mondo. Lo stop alla produzione di Apple, ad esempio, implicherà una minore offerta da qui ai prossimi mesi, se i volumi non venissero recuperati a breve. Per la trimestrale in corso e prossima di Cupertino non sarebbe certo un toccasana.
Prezzo del petrolio ai minimi da 3 mesi, contagiato dal virus cinese
Più in generale, l’allarme pandemia sta tenendo le quotazioni del petrolio (Brent) sotto i 60 dollari al barile, in calo di circa il 10% rispetto ai livelli toccati il 17 gennaio scorso. Quanto all’oro, resta sui massimi degli ultimi 7 anni, in area 1.580 dollari l’oncia. E il Treasury a 10 anni offre oggi l’1,57%, oltre 30 centesimi in meno da inizio anno, ai minimi da ottobre, segno che gli investitori si stiano riparando nei cosiddetti “beni rifugio”, scontando criticità per l’economia globale. Ad oggi, scarso l’impatto sul mercato azionario americano, con l’indice Dow Jones a ripiegare solamente dell’1,7% rispetto ai massimi storici toccati il 17 gennaio scorso.
Il Coronavirus sarà un test per l’Occidente per capire quanto forte sia la sua dipendenza dalla Cina e quanto potrà farne a meno e ricorrendo a quali alternative. In un certo senso, è come se Pechino avesse imposto un dazio sulle proprie esportazioni. L’interscambio con il resto del mondo è destinato nel breve periodo a subire qualche colpo, mentre nel medio-lungo non dovrebbero esserci effetti di rilievo. A meno che la gestione della pandemia da parte di Pechino venga percepita poco trasparente dai mercati, i quali inizierebbero a nutrire così dubbi – o a trovare conferma su quelli già nutriti in questi anni – anche sulla veridicità dei dati macro cinesi.
I capitali diffidano da chi racconta bugie e pubblica cifre inaffidabili a copertura di una verità scomoda. La Grecia perse la fiducia degli investitori esattamente 10 anni fa per questo motivo. Pechino non è Atene, ma guai a sottovalutare.
giuseppe.timpone@investireoggi.it