Mascherina - nelle grandi citt
TI CONOSCO, MASCHERINA - NELLE GRANDI CITTÀ ITALIANE VANNO ESAURITE MA INDOSSARLE PER STRADA È PRATICAMENTE INUTILE: SERVONO A CHI STA MALE PER NON DIFFONDERE IL VIRUS MA NON SONO CONSIGLIATE DALL'OMS. CHE SI È FINALMENTE SVEGLIATA E DOPO QUELL'IMBARAZZATA CONFERENZA STAMPA HA DICHIARATO L'EMERGENZA INTERNAZIONALE - PER EVITARE IL CONTAGIO LE REGOLE SONO SEMPLICI: TOSSIRE NEL GOMITO, LAVARSI LE MANI MOLTO, MOLTO BENE E NON METTERSELE IN BOCCA
1 - SCUOLE, RISTORANTI, NEGOZI: È L'ITALIA DELLE MASCHERINE
Mauro Evangelisti per “il Messaggero”
Grande store del lusso nel centro del centro di Roma, dove ti senti a Hong Kong o Singapore perché i clienti sono soprattutto turisti asiatici. Alcune commesse indossano la mascherina, alcuni giovani cinesi super griffati, mentre cercano l'occasione tra i saldi, usano anche loro la stessa precauzione, non si sa se anche quella firmata. Nei negozi di via Condotti la mascherina è ormai una costante, ai confini della scaramanzia, del non è vero ma ci credo perché le probabilità che tra i 20-25 mila turisti cinesi che ogni giorno visitano Roma ci sia un portatore del coronavirus che si è diffuso da Wuhan è bassa, ma non può essere esclusa dopo i due casi confermati ieri allo Spallanzani.
E comunque non è così automatica la trasmissione. Anche all'aeroporto di Fiumicino tra il personale delle compagnie la mascherina è molto frequente. E perfino carabinieri e vigili urbani, a Prato, durante una irruzione hanno usato le mascherine. Non per tutelare la propria identità, ma perché pensavano che servissero visto che stavano entrando in una bisca gestita da cinesi.
ESORCIZZARE
Pigramente la possiamo chiamare psicosi, più banalmente è il tentativo di esorcizzare la paura, anche in modo irrazionale, che il virus si diffonda anche in Europa. A volte l'irrazionalità supera confini pericolosi. Altra scena in centro a Roma: una comitiva di turisti asiatici percorre un marciapiede e un passaggio stretto, alcuni romani arrivano dall'altra parte e si coprono il viso con il giaccone. In tutta Italia, non solo nella capitale, la paura del contagio - ripetiamolo tutta giocata nel terreno dell'irrazionalità - sta avendo effetti evidenti.
Le mascherine nelle farmacie vanno a ruba. Vuoti i parrucchieri gestiti da cinesi, quelli che ormai si stavano diffondendo a macchia d'olio ovunque, anche grazie a tariffe molto basse. Vuoti i ristoranti cinesi e, per abbondare, anche quelli giapponesi. Vuoti anche i magazzini a basso costo, pure questi assai diffusi in provincia, gestiti da cinesi, che fino a qualche giorno fa segnavano sempre il tutto esaurito. Assoturismo Roma Confesercenti parla di «situazione preoccupante oltre che per la salute anche per il danno che potrebbe derivare all'economia del turismo in Italia e nella Capitale. Roma e Milano sono le due città con un quartiere cinese, quindi le più a rischio.
C'è un po' di preoccupazione tra le due popolazioni sia italiana che cinese, quest'ultima stanziata a Roma da generazioni. I consumi nei ristoranti cinesi stanno calando progressivamente in queste ore con l'aumento dell'informazione e del risalto mediatico verso il coronavirus». Così l'estetista cinese ricorre a un cartello e avverte che il personale non torna nel paese di origine da molti anni. In sintesi: la paura da coronavirus, il «non è vero ma ci credo» da contagio, si sviluppa con il ricorso alla mascherina; ci allontana da ristoranti e negozi cinesi senza una reale ragione, addirittura causa preoccupazione se scopriamo che un prodotto che abbiamo acquistato, sì anche le mascherine, è stato fabbricato in Cina.
Non ci rendiamo conto che se dovessimo evitare tutto ciò che è cinese - senza una reale ragione - dovremmo rinunciare a gran parte dei nostri vestiti, al nostro smartphone da mille euro, ai giocattoli. Fratelli d'Italia chiede alla sindaca di Roma, Virginia Raggi, di controllare i negozi cinesi, ma oggettivamente sarebbe un'azione scientificamente poco giustificata che, anche se non è l'intenzione di chi lo propone, avrebbe un significato inquietante. Discorso differente è verificare le condizioni di salute di chi entra all'aeroporto di Fiumicino e proviene dalla Cina.
Altro problema, più serio, è quello delle scuole, che non sanno come comportarsi di fronte a qualche studente di origine cinese. «Domani torneranno due studenti, cosa dobbiamo fare?», si chiedono in un istituto comprensivo di Roma. E lo fanno in buona fede, perché non si vuole creare allarmismi e attenzione sui ragazzi. Racconta il presidente dell'Associazione Presidi di Roma Mario Rusconi: «Le scuole hanno bisogno di indicazioni su come comportarsi con gli studenti che sono stati in Cina». Ieri sera l'indicazione arrivata è quella della quarantena per i ragazzi tornati dalla Cina.
2 - «SERVONO, MA SE INDOSSATE DA CHI STA MALE» ECCO COME DISTRICARSI TRA PREVENZIONE E FAKE
Graziella Melina per “il Messaggero”
«Girare per le strade con le mascherine o mettersele in aereo per proteggersi dal coronavirus è abbastanza insensato e completamento privo di fondamento». E non solo perché in Italia, come spiega Massimo Andreoni, direttore clinica delle Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma, al momento «non c'è alcun timore di poter incontrare questo virus in qualsiasi luogo e situazione». Ma soprattutto perché, le mascherine «che usiamo noi, ossia quelle chirurgiche, non hanno un alto tasso di protezione».
Eppure in questi giorni le farmacie sono state prese d'assalto, i magazzini hanno esaurito le scorte e qualcuno ha preferito accaparrarsele on-line. Fatica sprecata, e soldi spesi invano. A meno che non si decida di utilizzarle se si ha l'influenza. «Una persona con disturbi respiratori o se raffreddata - spiega Andreoni - farebbe bene a mettere la mascherina per proteggere gli altri, ma non se stesso». Dunque, prudenti sì, ma senza farsi prendere dal panico.
LA CASISTICA
«In questo momento - ribadisce l'infettivologo - possiamo vivere in maniera assolutamente tranquilla». E questo significa anche che nessuno oggetto di prodotto in Cina, e nessuna persona di origine asiatica, sono portatori del virus. «Il timore nei confronti delle persone orientali, in particolare cinesi, è anch'esso immotivato e incomprensibile - rimarca Andreoni -. La nostra attenzione è rivolta solo verso le persone che provengano da zone in cui in questo momento c'è l'infezione endemica. E dunque potrebbe trattarsi anche di un italiano.
Si tenga conto poi che sono solo le persone malate che trasmettono il virus. Quindi, tutto ciò è alimentazione e oggettistica che proviene dalla Cina non deve essere ritenuto in nessuno modo infettante. Pur ammettendo che per esempio i ristoranti cinesi si servissero di prodotti provenienti dalla Cina e che il virus fosse presente nelle derrate alimentari, arrivato da noi sarebbe abbondantemente morto. Come tutti i virus, anche il coronavirus ha una capacità di resistenza nell'ambiente limitata a pochissime ore».
I TIMORI
È pur vero però che il timore del contagio è un fatto del tutto naturale. «A livelli profondi noi abbiamo sempre la paura dell'ignoto, di quello che non possiamo controllare - spiega lo psichiatra Gino Pozzi, medico responsabile dell'ambulatorio Disturbi d'ansia della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma -. La paura delle malattie infettive spesso diventa irrazionale. Questi virus oltre a diffondersi potenzialmente in modo rapido, noi non li vediamo. E non essendoci un modo che ci protegga, oltre ai vaccini, questo ovviamente alimenta tutta una serie di fantasie e d'immaginario, che sconfina oltre la razionalità. Quando poi una malattia infettiva colpisce un gruppo etnico definito, socialmente riconoscibile, scatta lo stigma».
Tra l'altro, di fronte alle epidemie recenti, alcuni studi sulla reazione di massa «hanno evidenziato che la posizione psicologica gira intorno a tre vertici di un triangolo: la paura, la negazione e la frustrazione. Per cui la gente tende ad avere questi stati d'animo senza mai invece assumere l'unico atteggiamento corretto, che è razionale e tiene conto delle reali misure che si devono adottare e della effettiva pericolosità di un'infezione».
Le precauzioni da prendere sono dunque le stesse che si adottano abitualmente per evitare infezioni che si trasmettono per via respiratoria, come l'influenza. «Visto che le mani sono il principale veicolo delle infezioni - ricorda Andreoni - occorre lavarle frequentemente e in maniera sufficiente per 30 secondi. Poi è necessario cercare di starnutire all'interno della piega del gomito e utilizzare fazzoletti usa e getta. È del tutto ragionevole, infine, non recarsi in zone pericolose in cui c'è la malattia in corso. In ogni caso, la quarantena è il sistema migliore per impedire che l'infezione si trasmetta ad altre persone».
3 - CHE COSA CAMBIA ORA COME SI USA LA MASCHERINA
Margherita De Bac per il “Corriere della Sera”
1Quando viene proclamata dall' Organizzazione mondiale della sanità l'«Emergenza Internazionale di Salute Pubblica»?
Per un evento straordinario che costituisce un rischio di salute pubblica per diversi Stati attraverso la diffusione internazionale di una malattia e che richiede una risposta coordinata a livello internazionale. La dichiarazione implica che la situazione sia seria, improvvisa, inusuale o inattesa.
2Chi prende la decisione di dichiarare lo stato di emergenza internazionale?
Un comitato di esperti nominato dal direttore generale dell' Oms, che deve contenere almeno un membro dello Stato da cui si origina l' emergenza. Nel caso del coronavirus del comitato fanno parte 20 esperti, 15 come membri effettivi e cinque advisors.
3Che cosa succede adesso dal punto di vista pratico?
Tutti i Paesi vengono allertati sul fatto che possono corre rischi di contagio dalle zone interessate. Il rischio riguarda inoltre la possibilità che possano essere contagiate altre persone non legate alle aree del focolaio.
4 Ci sono precedenti?
La prima dichiarazione è stata fatta nel 2009 durante la pandemia di influenza suina. Nel 2014 hanno ricevuto lo «status» l' epidemia di polio e quella di Ebola, nel 2016 l' epidemia di Zika e nel 2019 l' epidemia di Ebola in corso in Congo. Quest' ultima, insieme a quella di polio, è l' unica emergenza ancora attiva.
5L' uso della mascherina è efficace per combattere il contagio?
L' impiego non professionale della mascherina non rientra tra le raccomandazioni dell' Oms e del ministero della Salute italiano che ha pubblicato le regole per la migliore protezione dai virus respiratori sul sito www.ministerosalute.it e risponde ai cittadini che chiamano il numero verde 1500. Altre precauzioni sono invece considerate prioritarie e fra queste la corretta pulizia delle mani. Vanno lavate spesso con acqua calda insaponandole con i prodotti comuni per almeno 20 secondi da ambedue le parti. In alternativa vanno bene i liquidi disinfettanti venduti in flaconi.
6 Quindi è inutile indossare le mascherine?
Perché la mascherina sia una barriera efficace dovremmo essere sicuri di indossarla correttamente tenendo a mente certe regole: evitare di portare le mani sul viso, gesto che ripetiamo una media di 23 volte all' ora, non abbassarla quando rispondiamo al telefono, calzarla bene in modo che ricopra interamente bocca, mento e naso, fare in modo che resti aderente al viso .
7Quando è stata utilizzata per la prima volta la mascherina?
È stata usata per la prima volta durante la Spagnola, la pandemia influenzale del 1918. In molte città americane venne resa obbligatoria per forze dell' ordine, impiegati di banca, bigliettai dell' autobus e per tutti gli addetti ai servizi pubblici.