La maggioranza proroga ancora agcom e garante privacy: per questo cambia la governance
PRIVACY ANCORA, CONTE! - LA MAGGIORANZA CHE NON TROVA L'ACCORDO PROROGA ANCORA I VERTICI DI AGCOM E GARANTE PRIVACY: PER QUESTO CAMBIA PURE LA GOVERNANCE E LA MODALITÀ DI NOMINA, ANCHE PER EVITARE UN BLITZ AL VERTICE DI LA RUSSA - OGGI IL CONSIGLIO DEI MINISTRI SI OCCUPERÀ DEI VERTICI IN SCADENZA DELLE AGENZIE FISCALI (ENTRATE, DOGANE E DEMANIO), OPPURE SI ANDRÀ ALL'INTERIM? - IN PRIMAVERA SCATTERÀ UNA NUOVA INFORNATA: TUTTE LE POLTRONE IN BALLO
- MANOVRA: RELATORI, CAMBIA GOVERNANCE GARANTE PRIVACY
(ANSA) - Cambia la governance del Garante per la privacy. Un emendamento alla manovra presentato dai relatori prevede che il Collegio salga da 4 a 5 componenti e che il presidente sia "nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa delibera" del Cdm. Nomine che però non possono diventare effettive in assenza di un parere positivo da parte delle commissioni parlamentari a maggioranza dei due terzi dei propri membri. "I componenti - si legge - sono eletti due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica con voto limitato e sono nominati con decreto del presidente della Repubblica".
Per garantire la continuità della governace dell'Autorità "per i soli atti di ordinaria amministrazione e di quelli indifferibili e urgenti", nelle more dell'elezione del nuovo presidente, le funzioni di presidente sono svolte "dal componente del Collegio eletto che abbia ottenuto in percentuale il maggior numero di voti in sede di elezioni da parte del Parlamento e in caso di parità dal componente più anziano".
- MANOVRA: ARRIVA NUOVA PROROGA PER GARANTE PRIVACY E AGCOM
(ANSA) - Rinviare al 31 gennaio del prossimo anno, il 2020, la scadenza degli attuali vertici del Garante della privacy e dell'Agcom: è quanto prevede un emendamento dei relatori alla manovra presentato in commissione Bilancio al Senato. Con due diversi decreti legge tra agosto e settembre erano state prorogate le funzioni "limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti" per entrambe le autorità: il termine ultimo fissato era quello del 31 dicembre 2019.
- LA CARICA GIALLOROSSA PREPARA LA FESTA DI PRIMAVERA
Antonella Baccaro per “l’Economia - Corriere della Sera”
Procedono a rilento le nomine ai tempi del governo giallo-rosso. Tutta colpa dei dissidi interni alla maggioranza che producono una proroga dietro l' altra. È il caso dei consigli delle Autorità per la Privacy e delle Telecomunicazioni (Agcom), il cui rinnovo era stato fissato entro il 31 dicembre. Sembrava tutto definito: al Senato una seduta è ancora convocata per giovedì 19 dicembre alle 9.30, mentre alla Camera era prevista un' integrazione all' ordine del giorno proprio per inserire le designazioni di competenza. Del resto il collegio del Garante è vacante dal 19 giugno e quello di Agcom dal 28 giugno, con i membri in carica per l' ordinaria amministrazione che hanno ricevuto finora tre proroghe.
Ma un granello di sabbia si è inserito nell' ingranaggio e rischia di far slittare tutto al 31 gennaio. Come scrive il Corriere delle Comunicazioni, è spuntato un emendamento alla legge di Bilancio, firmato dal M5S, il cui scopo è modificare i meccanismi di nomina del Garante Privacy, portando i consiglieri da quattro a cinque, e soprattutto eliminare la regola che stabilisce che il ruolo di Garante venga ricoperto dal più anziano dei consiglieri. La novità sarebbe che a votare il presidente sia il Parlamento.
La motivazione di questo cambiamento è tutta politica. Quando le candidature per la Privacy sono state riaperte, a ottobre, dopo la prima infornata di curricula a giugno, tra i candidati si è presentato Ignazio La Russa che, forte del sostegno del centrodestra, allo stato, in virtù della maggiore anzianità, avrebbe le carte per diventare il garante della Privacy.
Ora, per avere modo di modificare la legge che regola le nomine, queste verrebbero fatte slittare al 31 gennaio. Insieme con quelle dell' Agcom, per la cui presidenza si è parlato di Emilio Carelli, Marco Giovannelli, Pier Carlo Padoan e Claudio De Vincenti.
Il rinvio va incontro alle difficoltà della maggioranza di trovare intese sui vertici da nominare. Difficoltà che hanno prolungato l' attesa per quello che sembrava un rinnovo scontato: la conferma a Invitalia di Domenico Arcuri, sostenuta dal premier Giuseppe Conte, e giunta fuori tempo massimo, visto che a gestire l' Agenzia era rimasto il collegio sindacale. La quadra è stata trovata anche sulla presidenza, che è andata a Andrea Viero, su indicazione del Pd.
In entrambi i casi le resistenze venivano dal M5S.
Si vedrà se oggi il Consiglio dei ministri si occuperà dei vertici delle Agenzie fiscali (Entrate, Dogane e Demanio) che scadono proprio ora, oppure se si andrà all' interim. La battaglia infuria soprattutto sulle Entrate, per le quali il M5S propende per la conferma di Antonino Maggiore, mentre Italia Viva si è molto spesa per il ritorno di Ernesto Maria Ruffini. Più probabile la conferma di Riccardo Carpino al Demanio, mentre alle Dogane se la giocherebbero l' attuale direttore Benedetto Mineo e Maurizio Montemagno, che oggi dirige l' Antifrode.
A fine dicembre scade anche il mandato del direttore generale dell' Istituto di credito sportivo, Paolo D' Alessio, che verrà confermato per un anno: il tempo di avviare una selezione per il suo successore che entrerà in carica nel 2020 dopo aver assunto le funzioni di cfo.
Questa settimana potrebbe essere quella decisiva per il nuovo assetto dirigenziale della Rai se davvero domani se ne occuperà il consiglio di amministrazione, finora bloccato dai veti incrociati. In ballo ci sono le nuove direzioni generali disegnate dal piano dell' ad Fabrizio Salini, oltre che le direzioni di rete che però il piano ridimensiona. Ma il nodo che finora ha tenuto tutto in sospeso è quello dei telegiornali, su cui grava una costante fibrillazione da imminenti elezioni regionali.
Finora nell' infornata di nomine più cospicua, varata a fine novembre, quella della galassia di Cassa Depositi e Prestiti (Sace, Simest e Fintecna), le scelte sono state prevalentemente orientate dal Pd, oltre che dal Mef e dalle Fondazioni bancarie. Da notare che tra i 15, tra presidenti e amministratori delegati nominati, c' è solo una donna.
Ma è a primavera che, se il governo attuale resterà in carica, si combatterà la madre di tutte le battaglie. In gioco, tra partecipate quotate e non, ci sono circa 150 poltrone. A dormire sonni tranquilli tra i boiardi c' è solo Giuseppe Bono, già confermato a Fincantieri, ma pronto a allargare ulteriormente la propria sfera d' influenza. Con l' approvazione dei bilanci 2019 andranno in scadenza i vertici delle big: Eni, Enel, Poste, Leonardo, Enav e Terna.
Al momento solidamente piazzato per una riconferma o comunque una poltrona importante c' è l' ad di Enel, Francesco Starace, che gode di un sostegno pressoché generalizzato.
Consensi per i buoni risultati raggiunti anche per Claudio Descalzi in Eni, che però potrebbe soffrire per le ripercussioni delle inchieste giudiziarie. A Leonardo, Alessandro Profumo sembra intenzionato a restare: il cambio di governo gli ha giovato, visto che gli si attribuiscono sempre buoni rapporti con il Pd.
Intanto aspettano una semplice ratifica le nomine dei consigli di amministrazione di Inps e Inail. Il vice di Pasquale Tridico all' Istituto di previdenza sarà Maria Luisa Gnecchi (in quota Pd). Al fianco di Franco Bettoni all' Inail, arriva Paolo Lazzara (in quota M5S), e tra i consiglieri si segnala Cesare Damiano, già ministro del Lavoro del Pd nel governo Prodi.