Il fascismo non può tornare, l'orrore sì

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ThomasShanahan via Getty Images

In un racconto di Clive Barker - l’autore, tra l’altro, di “Hellraiser” - a Londra si corre una gara podistica di beneficenza che in realtà è una sfida con l’Inferno. Se il Diavolo vincerà, attraverso uno dei suoi famigli - demoni minori - che partecipano alla corsa, sarà la fine del mondo come lo conosciamo. Altrimenti, la democrazia continuerà, per un altro secolo almeno. 

Alla fine la democrazia trionfa, quasi per caso, grazie a un oscuro podista che riesce a tagliare per primo il traguardo, nonostante i trucchi diabolici che invece hanno già escluso dalla corsa i concorrenti più forti.

Barker scrisse il racconto “Hell’s Event” (La sfida dell’Inferno) nel 1984, in piena epoca Thatcher, il cui governo veniva paragonato da alcuni all’anticamera del fascismo. Non a caso, un altro grande autore di romanzi e fumetti fantastici, Alan Moore, scrisse nello stesso periodo il più noto “V for Vendetta”, che è anche quello una dura critica alla Lady di Ferro.

Ovviamente il fascismo non è arrivato a Londra, e dopo il thatcherismo, anzi, il Regno Unito è andato a sinistra per diversi anni. Oggi, in epoca di Brexit, la situazione sembra a tratti un prequel di “V for Vendetta”. Boris Johnson, però, è un populista di destra, non un fascista. Ma la questione della fragilità della democrazia - che un altro britannico certamente non di sinistra, Winston Churchill, definiva come “la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora” - resta. E il rischio del terrore e dell’orrore totalitario c’è sempre.

Molti usano la parola fascista - temo di essere tra questi - anche con troppa frequenza, ma una ragione comprensibile è quella che il fascismo è un punto di riferimento storicamente vicino e ancora nella memoria collettiva, spesso familiare, quindi si presta, anche troppo, ai paragoni. 

Molti altri criticano l’uso del termine, e anche loro hanno ragione, perché il fascismo è un tipo di regime storicamente dato, come il nazismo o altre forme di dittatura (compreso il cosiddetto “socialismo reale”). E dunque, nonostante le nostalgie e anche il riaffacciarsi di organizzazioni di estrema destra, il fascismo di Mussolini etc non tornerà.

Il che però non significa che i neo-fascisti o neo-nazisti in giro oggi non rappresentino un problema, se non altro di ordine pubblico. Né che il razzismo - in cui includo l’antisemitismo - sia un’esclusiva di coloro che si definiscono fascisti. Come spiegava Karl Popper, che certamente non era un totalitario, non si può essere tolleranti con gli intolleranti (è il famoso paradosso della tolleranza). 

Aldilà del fascismo e del suo ritorno, c’è la questione del terrore, delle dittature, dell’orrore. Spesso sembriamo pensare che appartenga a un passato remoto, che il progresso ha cancellato o sta cancellando. Ma se proviamo soltanto a dare un occhio alla cronologia, ci accorgiamo che l’orrore dei genocidi, delle persecuzioni, dei pogrom, dei massacri è sempre d’attualità. 

Si può sostenere che nella quasi totalità dei casi si tratta di eventi avvenuti in Paesi non democratici. Ma non è sempre vero, purtroppo, perché ci sono i tanti casi di regimi anche solo formalmente democratici che hanno vissuto questi eventi o di grandi democrazie che hanno spalleggiato o coperto le persecuzioni fatte da altri. Diciamo che la democrazia certamente aiuta a ridurre rischi del genere, ma non li esclude. Men che mai una democrazia fragile.

Quando una percentuale così elevata di cittadini, il 48%, come quella indicata dal Censis ritiene che ci voglia un uomo forte al comando, sia pure un amministratore delegato (che non è una figura democratica, ma l’incaricato dagli azionisti), il rischio è piuttosto chiaro, e la “sfida dell’inferno” assume un senso più profetico.

Non bisogna dimenticare mai la “banalità del male”, evocata meno di 60 anni fa da Hannah Arendt, che non riguarda soltanto il nazismo, ma il potenziale lato oscuro di ogni organizzazione e di ognuno di noi, di ogni essere umano. Per questo, quando sento citare la famosa frase di Vittorio Arrigoni “restiamo umani”, mi preoccupo. Perché anche i fascisti sono umani, pure se ci piacerebbe pensare di no.