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Allontanata da casa dai servizi sociali ora ritira le accuse: "Papà, scusami: ho sbagliato"

I servizi sociali la affidarono ad una casa famiglia dopo che la ragazzina riuscì ad accusare il padre di violenze fisiche mai avvenute. Dopo un lungo calvario il papà è stato assolto

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Era stata allontanata dal padre dai servizi sociali dopo averlo accusato di violenza verbale e fisica nei suoi confronti. Oggi ha vent’anni e chiede perdono: “Papà, scusami. Ho sbagliato”.

Sono passati 9 anni da quando Sara (nome di fantasia, ndr), allora 11enne, iniziò a denunciare il papà che la maltrattava. In quattro e quattrott’otto il padre, un 55enne straniero che vive a Reggio Emilia finì a processo per maltrattamenti e lesioni aggravate alla figlia. La ricostruzione investigativa metteva nero su bianco fatti atroci. Si sosteneva che la ragazza avesse ricevuto, nel 2012, minacce di morte da parte del papà. “Ti taglio la gola”. E poi ancora calci e pugni. Tanto che la ragazzina era costretta a chiudersi in camera per la paura. Poi, l’aggravante del coltello, che il padre avrebbe puntato addosso alla figlia minacciandola.

Una storia orribile che, a poco a poco si è rivelata una messa in scena dolorosa. Un racconto montato di vicende mai avvenute. Tutte “menzogne”, così adesso le descrivono i giudici d’Appello. Che parlano nella sentenza, come riporta La Nazione, di bugie “frutto di un rifiuto della figura paterna derivante dalle limitazioni che le venivano imposte”. Le accuse sono poi cadute, tutte, dopo la sentenza di primo grado nel 2017, in cui il giudice Luca Ramponi, rigettò la richiesta di tre anni di condanna da parte del magistrato e ribadita anche dalla Procura generale di Bologna. Troppo tardi però, per risparmiare al padre, che si è sempre dichiarato innocente, la sofferenza di vedersi allontanare la sua bambina. Nel 2013 Sara è stata portata via da casa e affidata, dai servizi sociali della Val d’Enza, ad una comunità.

Il tribunale dei minori aveva accettato la richiesta degli operatori dei servizi, decretando che la piccola doveva stare lontana dal padre perché vittima di “violenza verbale e psicologica dei genitori, continui litigi, mancanza di accudimento materiale e affettivo”. I genitori vennero accusati “di vedere il loro modello culturale come l' unico possibile, senza porsi in un' ottica di confronto” con la figlia.

Un verdetto che ha portato la bambina a vivere nella casa famiglia fino allo scoccare dei suoi diciotto anni. Sette anni lontana dai propri affetti e con la possibilità di vedere mamma e papà di tanto in tanto, per periodi brevi e incontri sporadici. Una decisione che ha costretto il papà a vivere nella sofferenza per anni. “Stavo morendo di dolore. I servizi sociali hanno distrutto la mia famiglia - ha raccontato al suo avvocato difensore Ernesto D' Andrea - io volevo bene a mia figlia, ma se lei, così giovane, mi chiedeva a mezzanotte di uscire io le dicevo di no”.

Nel periodo in cui si trovava affidata alla casa famiglia, Sara, attraverso il curatore speciale, ha chiesto al padre 50mila euro di risarcimento. A testimoniare, in aula di tribunale, era stata chiamata Cinzia Magnarelli. L’assistente sociale finita nel registro degli indagati per l’inchiesta su i bambini di Bibbiano, che ha ammesso di aver falsificato le relazioni sui minori. “Mi ha parlato di numerose percosse”, del “coltello puntato contro”, e mi ha detto che “la madre e le sorelle fossero a conoscenza degli episodi, a cui non era mai stato posto fine, e che anzi erano loro stesse vittime”. Aveva raccontato l’indagata in aula. Ma la madre e le sorelle si opposero ai racconti fantasiosi per far emergere la verità e, come racconta l’avvocato, “hanno smentito Magnarelli e discolpato il padre”.

Ad essere ascoltata dal giudice, in udienza, anche un’altra delle indagate per l’inchiesta “Angeli e Demoni”, Federica Anghinolfi. La responsabile dei servizi sociali della Val D’enza dichiarò che “la personalità non serena e non del tutto sviluppata della ragazza è certificata anche dell' Ausl. Queste ferite si possono anche rimarginare se ci si lavora e se ci sono ambienti idonei”. E quali fossero gli ambienti idonei lo avrebbero deciso proprio loro. Gli stessi servizi sociali che mandarono la piccola Katia (una delle bambine finite nelle carte dell’ordinanza della procura nell’ambito dell’inchiesta sugli affidi illeciti) a vivere con le due amiche di Anghinolfi di cui, noi de IlGiornale.it, abbiamo raccontato le assurde vicende che la coppia di mamme affidatarie ha fatto vivere alla piccola. Scaraventata in strada sotto la pioggia con urla e minacce, solo perchè non voleva acussare il papà di abusi mai avvenuti.