Presepe in gabbia: l’installazione funge da denuncia per la politica d’immigrazione di Trump

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Una chiesa metodista di Claremont (Los Angeles) ha installato un presepe in gabbia come atto di protesta contro la politica d’immigrazione di Trump.

Il presepe è il simbolo principale del Natale, poiché rappresenta la natività di quello che per la cultura cristiana è il Messia. Celebrare la nascita del bambin Gesù è anche un modo per rinnovare la nostra adesione al suo messaggio di pace, fratellanza e denuncia contro le barbarità del mondo. Quale modo migliore allora di utilizzare la tradizionale istallazione natalizia per denunciare quello che viene ritenuto l’atto di più grande ingiustizia negli Stati Uniti di oggi.

Una chiesa metodista di Claremont, cittadina a sud di Los Angeles e non distante dal confine con il Messico, ha deciso di modificare il tradizionale presepe per renderlo un atto di protesta contro la politica migratoria del governo Trump e la decisione di alzare un muro tra i due Stati. Gesù, la Madonna e Giuseppe sono separati in tre diverse gabbie, tutte chiuse da un reticolato di ferro alla cui sommità c’è del filo spinato. La condizione a cui è stata sottoposta la Famiglia divina è la stessa che hanno patito in questi ultimi anni anche moltissime famiglie Messicane che hanno cercato di varcare il confine.

Presepe in gabbia: l’atto di protesta contro il governo Trump

A parlare della decisione è stato il pastore della chiesa, Karen Clark Ristine. In un primo momento ha spiegato che si è deciso di raffigurare la difficile situazione dei migranti di oggi attraverso la famiglia di rifugiati più famosa della storia. Quindi ha ricordato a tutti come Giuseppe e Maria siano stati costretti a fuggire subito dopo la nascita dei Gesù: ” Giuseppe e Maria furono costretti a fuggire con il loro giovane figlio da Nazareth all’Egitto per sfuggire al re Erode, un tiranno. Temevano la persecuzione e la morte. E se questa famiglia cercasse rifugio nel nostro Paese oggi?”.

Quindi tornando all’attuale situazione dei migranti, il pastore aggiunge: “Il nostro intento è quello di concentrarci sui richiedenti asilo e sui modi in cui vengono accolti e trattati. Vorremmo anche suggerire che potrebbe esserci un modo più compassionevole per mostrare l’amore verso Dio”.