I sacchetti Esselunga per il pane dove si buttano? Nella plastica, nella carta, nell’organico o nell’indifferenziato? La scelta di Coop

by
https://ilfattoalimentare.it/wp-content/uploads/2019/12/esselunga-saccatto-pla-carta.jpg

Dove si buttano i sacchetti utilizzati nei supermercati per il pane? La loro peculiarità è che hanno una parte trasparente per permettere di vedere il contenuto, e il resto è di carta. Sono molti i lettori che ci hanno segnalato difficoltà per capire come differenziarlo una volta finito il loro utilizzo. Di seguito pubblichiamo una delle lettere che ci sono arrivate in redazione con la risposta di Esselunga e una riflessione di Luca Foltran, esperto di packaging e sicurezza dei materiali.

Una delle lettere giunte in redazione

Osservando i sacchetti per il pane presenti nei Vostri supermercati (vedi foto allegate) evidenziamo alcune difficoltà nel comprendere come debbano essere smaltiti da parte del consumatore. In particolare le indicazioni testuali presenti sui sacchetti: “Sacchetto utilizzabile per la raccolta dei rifiuti organici. Separando carta e pellicola è possibile conferirli nelle rispettive raccolte differenziate (carta/umido)” . Queste frasi sembrano in contrasto con le indicazioni, presenti sul sacchetto, quando si dice che può essere smaltito in “umido o indifferenziato”. Non si capisce se il sacchetto possa essere usato per contenere la frazione umida o se debba essere messo nell’indifferenziata o ancora se si rende necessario separare i singoli componenti destinandoli uno alla carta e l’altro alla frazione umida.

La risposta di Esselunga.

Esselunga nel settore panetteria a libero servizio ha sostanzialmente due tipologie di sacchetti, una che riguarda le referenze pane, nella quale è presente una finestra centrale in Pla (acido polilattico) e l’altra che riguarda le referenze dei prodotti salati quali pizze e focacce, nella quale la finestra ha una dimensione molto ampia che arriva fino ai soffietti laterali del sacchetto.

https://ilfattoalimentare.it/wp-content/uploads/2019/12/esselunga-saccatto-pla-carta-2.jpg
L’alta percentuale di film in Pla (acido polilattico) non consente lo smaltimento nella carta, ma solo nell’umido

I due sacchetti vanno smaltiti in modo diverso come indicato chiaramente dalle scritte. Ilacchetto del pane dotato di piccola finestra centrale: va smaltito nel contenitore della carta o dell’umido. Le percentuali di incidenza dei due materiali consentono uno smaltimento duplice. Il sacchetto ha la certificazione Aticelca per lo smaltimento nella carta, ma può anche essere gettato nell’umido (in grado di accogliere carta compostabile certificata e film compostabile).

Il sacchetto per alimenti salati dotato di  finestra estesa: va smaltito nell’umido o nel contenitore dell’indifferenziato. L’alta percentuale di film in Pla (acido polilattico) non consente lo smaltimento nella carta, ma solo nell’umido. Nei comuni che non hanno ancora la raccolta dell’umido, il sacchetto può essere messo nell’indifferenziato, a meno che non si separi il film trasparente dalla carta (operazione tra l’altro estremamente semplice). In questo caso i materiali possono essere gettati nella carta il sacchetto  e nell’umido il foglio trasparente. Nel sacchetto viene specificata anche questa possibilità lasciata al cliente.

https://ilfattoalimentare.it/wp-content/uploads/2019/12/esselunga-saccatto-pla-carta-1.jpg
Le istruzioni sui sacchetti Esselunga: si può separare il film trasparente in acido polilattico dalla carta conferendo i  materiali nelle rispettive raccolte (umido  e carta)

Di seguito la riflessione di Luca Foltran, esperto di packaging e sicurezza dei materiali.

I consumatori non apprezzano gli imballaggi troppo sofisticati. È quanto si evince da una petizione che, raccogliendo oltre 80.000 firme, ha chiesto a Coop Italia di eliminare gli imballaggi misti (ovvero quelli fatti con più di un materiale) utilizzati per le confezioni del pane. È innegabile che la raccolta firme, ormai conclusasi con una vittoria, abbia trovato radici nella consolidata consapevolezza ambientale degli italiani, ma è altrettanto certo che ragioni di tipo emotivo, tutt’altro che inopportune, abbiano fatto da detonatore. Il  buon vecchio sacchetto di carta, bianco o marrone, che il nostro fornaio di fiducia ci consegnava ogni mattina è qualcosa a cui siamo affezionati e di cui, nonostante la semplicità, facciamo fatica a lamentarci.

Fatichiamo invece a capire come un alimento semplice come il pane, fatto solo con farina, acqua, sale e lievito, possa richiedere un imballaggio così complesso, fatto di carta, colla, plastica, inchiostri di stampa. Certo, i tempi in cui si utilizzavano i fogli di giornale per avvolgere gli alimenti, probabilmente poco igienici ma sicuramente a basso costo, sono lontani anni luce, ma l’evoluzione è corsa troppo velocemente rispetto alle reali necessità di sicurezza alimentare e soprattutto in relazione alle capacità che ha la nostra società di assorbire rifiuti inutili.

https://ilfattoalimentare.it/wp-content/uploads/2019/12/AdobeStock_204320203.jpeg
Da Esselunga è lo stesso consumatore a infilare il pane nel sacchetto, scegliendone qualità e quantità

In molti supermercati ha preso il sopravvento l’abitudine di usare sacchetti  in plastica, per i prodotti già confezionati, o ancor peggio in materiale misto. In molti punti vendita il sacchetto del pane è composto da una parte in carta, attraversata da una striscia di plastica trasparente. Un imballaggio di questo tipo per essere smaltito correttamente andrebbe separato per componenti, tagliando la porzione trasparente. Nella maggior parte dei casi però il consumatore, per praticità (o per non aver compreso correttamente come debba essere gestito il sacchetto bicomponente), lo getta nell’indifferenziato.

Uno spreco a tutti gli effetti anche perché la parte in plastica trasparente non ha una funzione specifica, se non permettere al consumatore di vedere cosa c’è nel sacchetto. Domanda a cui è piuttosto facile rispondere: c’è del semplicissimo pane. Ancor più facile se si considera che, in molti casi, nei supermercati il pane è venduto sfuso ed è lo stesso consumatore a infilarlo in un sacchetto, indossando gli ormai noti guanti trasparenti.

Ma la finestrella di plastica trasparente è veramente così complessa da gestire? Il materiale con cui è realizzata non è sempre lo stesso e questo già complica la gestione del sacchetto una volta divenuto rifiuto. Alcuni la realizzano in polipropilene, altri in Pla, polimero dell’acido lattico.

Per la finestrella realizzata in polipropilene non esiste altro destino se non quello dell’indifferenziata, anche una volta separato dal resto del sacchetto, mentre nel caso del Pla la situazione si complica ulteriormente coinvolgendo l’ampiezza della finestra. Nel caso la finestrella in Pla sia di dimensione ridotta il sacchetto può essere smaltito nella carta (il materiale prevalente) oppure nell’umido (la carta ed il film sono compostabili). Ma nel caso di una finestra trasparente molto ampia (quando per esempio arriva fino ai soffietti laterali del sacchetto), l’alta percentuale di film in Pla non consente lo smaltimento nella carta ma solo nell’umido.

Laddove non c’è la raccolta dell’umido, il sacchetto può essere smaltito nell’indifferenziato, a meno che non si separi film da carta conferendo i due materiali nelle rispettive raccolte. Non sempre il progresso semplifica le cose: una volta tutti i sacchetti del pane erano fatti solo di carta e tutto funzionavano benissimo! Allora perché spingersi oltre?