La legge anti-moschee è solo una questione di islamofobia, non di illegalità
by Francesco ChiodelliPochi giorni fa, per la seconda volta in pochi anni, la Consulta ha dichiarato incostituzionale alcuni passaggi della legge urbanistica lombarda riguardanti la costruzione di luoghi di culto. Nel corso dell’ultimo decennio, infatti, la regione Lombardia (seguita a ruota dalla regione Veneto) ha varato diverse modifiche alla propria legge urbanistica volte a rendere sempre più difficoltosa – fino al limite dell’impossibile – la realizzazione di luoghi di culto per alcune minoranze religiose (tra cui, in particolare, i musulmani). Questi provvedimenti si scontrano però con due fatti.
Il primo fatto è il seguente. È noto che, in Italia, la libertà di professare la propria fede religiosa, qualsiasi essa sia, è un diritto, sancito dalla nostra carta costituzione in diversi articoli. Un po’ meno noto è che, già da tempo, la Corte costituzionale ha chiarito come tale diritto non può essere ricondotto unicamente alla mera libertà interiore di coscienza, ma deve potersi sostanziare in azioni di culto di carattere collettivo, che necessitano di un apposito spazio dove potersi svolgere. Di conseguenza si può dichiarare che, in Italia esiste un diritto costituzionale alla costruzione di moschee – così come di sinagoghe, di chiese cattoliche, di gurdwara e di sale del regno.
Il secondo fatto è il seguente. La presenza musulmana in Italia non è un fenomeno reversibile. Oggi risiedono nel nostro Paese tra 1,5 e 2 milioni di musulmani. E tale numero è destinato a crescere nei prossimi decenni. La maggior parte di questi musulmani è composta da migranti che si trovano stabilmente in Italia da diversi anni. Ma è in crescita anche il numero di cittadini italiani di fede musulmana.
A fronte di questo elevato numero di musulmani, in Italia esistono oggi sono sei moschee ad hoc, ossia luoghi di culto islamici formali, con tutte le caratteristiche architettoniche e spaziali tipiche di una moschea (per esempio, minareti, cupole, simboli islamici). La conseguenza è che centinaia di migliaia di musulmani sono costretti a pregare in spazi più o meno improvvisati e informali: sedi di associazioni religiose, magazzini convertiti in sale di preghiera, scantinati e case private. Oggi sono circa 1000 queste “moschee informali” in Italia.
Tale proliferazione di luoghi di culto islamici informali non è l’esito di una qualche predisposizione antropologica dei musulmani all’illegalità o della loro incapacità di adeguarsi alle regole italiane, come molti politici italiani, tra il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, vogliono far credere. Quest’ultimo ha reagito alla sentenza della Consulta dichiarando: “Era giusto andare avanti con locali che di giorno erano macellerie islamiche e di notte moschee abusive? Secondo me, no!”.
Attilio Fontana finge di non sapere che questa situazione di illegalità è semplicemente l’esito di centinaia di richieste di aprire regolarmente una moschea, avanzate dai gruppi musulmani in Lombardia (tanto quanto in altre parti d’Italia), ma sistematicamente rifiutate dai Comuni. Le modifiche alla legge urbanistica della Lombardia che la Consulta ha dichiarato incostituzionali miravano a legittimare tale atteggiamento da parte delle municipalità lombarde, dando loro ulteriori strumenti per opporsi a qualsiasi apertura di un luogo di culto sgradito.
Se il problema è veramente l’informalità dei luoghi di culto islamici in Lombardia (e Italia), la soluzione è facilmente e rapida: basta permettere che i gruppi musulmani costruiscano le moschee di cui hanno bisogno. Ma il problema, chiaramente, non è questo. Altrimenti la Regione Lombardia non avrebbe tentato in tutti i modi di rendere impossibile la costruzione di moschee legali sul proprio territorio.
Per le forze politiche di centro destra (con la Lega in testa, tutto il centro-destra a ruota e il Movimento 5 Stelle che si è spesso accodato) il problema sono i musulmani in sé. Ma, non potendoli cacciare, ci si accontenta di negare loro di praticare uno degli atti fondamentali che li contraddistingue come musulmani: pregare collettivamente. È, molto semplicemente, una questione di islamofobia – sotto-categoria del razzismo.
La debolezza delle argomentazioni pseudo-securitarie che vengono addotte per giustificare i provvedimenti anti-moschee non è che la conferma di ciò. Dicono che le moschee in Italia sono fucina di pericolosi terroristi. Se anche così fosse (e chiare prove in questo senso non ci sono), non sarebbe più logico permettere la nascita di moschee legali, invece che spingere alla proliferazione di centinaia di luoghi di culto informali e nascosti?
In questo modo le moschee italiane sarebbero oggetto di un controllo sociale diffuso e il riconoscimento pubblico della dignità dell’islam sarebbe vettore di un messaggio di tolleranza verso i musulmani in Italia, utile a stemperare tensioni sociali e promuovere integrazione.