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Meglio il gol di Son o quello di Suarez?

Due gol bellissimi e molto diversi.

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Questo pezzo nasce dallo stupore di vivere in un periodo così eccezionale dal punto di vista calcistico che nello stesso fine settimana, a distanza di poche ore anzi, sono stati segnati almeno due gol incredibili, assurdi, pazzeschi, degni entrambi del Puskas Award. Dico almeno due perché volendo anche Goran Pandev ha segnato un gol non del tutto normale: scavalcando il portiere – uscito fuori dall’area per anticipare un lancio lungo – quasi da centrocampo con un tocco di punta; ma se Pandev è stato geniale nello sfruttare la situazione e come Kenshiro ha fatto esplodere i suoi avversari toccandoli con la punta delle dita, Son Heung-Min e Luis Suarez hanno inventato dal nulla due gol che possono entrare tranquillamente in ogni lista dei dieci gol più belli del decennio – se ancora si fa in tempo a inserirli. 

 

Il premio ufficiale al gol più bello dell’anno (che qui consideriamo il premio più divertente dell’anno), però, per qualche ragione viene assegnato a settembre e chissà nei prossimi dieci mesi quanti altri gol incredibili, assurdi, pazzeschi, verranno segnati. Il nostro compito, quindi, è di sottolineare l’eccezionalità che due gol del genere vengano segnati a poche ore di distanza e, confrontandoli, analizzandoli, sfogliandoli come se fossero fatti a strati, rendergli omaggio. 

 

Perché, come i fiocchi di neve, i fili d’erba e la ricetta per la melanzana alla parmigiana, non esistono due gol uguali. 

 

In quelli di Suarez e Son, poi, io vedo cose quasi all’opposto.

 

 

Meglio il gol di Son contro il Burnely

Il termine “prodezza” secondo Treccani è sinonimo di azzardo, bravata, imprudenza. Il che serve giusto per ricordarci che gesti unici di questo tipo non nascono senza che nel cervello si spenga quel normale processo logico che ci fa soppesare rischi e guadagni prima di muoverci in una determinata direzione. 

 

Quando Son parte palla al piede come un cavallo scosso al Palio di Siena non ha la minima idea di cosa farà poco dopo. Se quello di Suarez è un gol complesso anche solo da pensare, da immaginare, la soluzione controintuitiva di un rebus, Son potrebbe anche non aver pensato affatto. 

 

In questo senso, il gol di Son contro il Burnley è un monumento alla spontaneità e all’imprevedibilità delle cose belle. E chi lo sa, magari anche voi stamattina siete usciti di casa senza sapere che oggi, proprio oggi, avreste fatto qualcosa di eccezionale. Anche voi potreste avere in mente di fare una cosa azzardata e imprudente ma vi state frenando. Certo, bisogna avere l’equivalente delle gambe di Son e del suo controllo della palla in corsa per sperare di ottenere un risultato simile.

 

Sonaldo parte più o meno dal limite della sua area di rigore e arriva al tiro appena dentro quella avversaria: ci mette in tutto una decina di secondi e tocca la palla dodici volte. Il Burnely, già sotto di due gol alla mezz’ora del primo tempo, aveva fatto salire i due centrali difensivi nell’area di rigore del Tottenham per battere una punizione da centrocampo, ma non era propriamente sbilanciato: quando gli arriva la palla Son ha due uomini davanti più due dietro in copertura, a cui vanno aggiunti quelli che lo inseguono. 

 

Salta i due che si trova davanti e ne semina altri quattro o cinque per strada. Corre più veloce lui con il pallone che tutta la squadra avversaria senza. 

 

Ma Son Heung-Min è tra i migliori in assoluto a portare palla in velocità non solo per la struttura fisica (il baricentro alto) e la postura verticale da centometrista, ma anche per la sensibilità con cui gestisce perfettamente le distanze: la palla gli resta vicina quando lo spazio si restringe e si allontana quando ha campo davanti. 

 

Accelera e rallenta come se stesse aprendo e chiudendo il gas di una moto da corsa: cambia velocità una prima volta quando si accorge che lo sta inseguendo da dietro e poi, quando sembra già al massimo dei giri, accelera di nuovo, bruciando McGee e Pieters con due tocchi. 

 

La sensibilità di Son sta anche nei cambi di direzione. La sua linea di corsa gli permette di saltare meno giocatori possibile: Hendrick e Lowton, che sarebbero i più vicini quando prende palla, non riescono ad avvicinarglisi, gli passa semplicemente in mezzo allargandosi prima verso sinistra e sterzando poi in diagonale verso destra. E quando salta l’ultimo avversario, si rimette dritto per dritto in direzione della porta. Come fa capire Sandro Modeo in un articolo su Messi uscito pochi giorni fa, per i giocatori più veloci le cose in campo accadono più lentamente.

 

Insomma non ci sarà un pensiero vero e proprio dietro questo gol, ma c’è sicuramente grande intelligenza calcistica. E poi è un gol che cresce come una valanga, che si autoalimenta fino ad esplodere. In questo senso risponde a quella “regola dei tre ohhhh” che avevo teorizzato circa un anno fa scrivendo di un gol di Gervinho: «Perché un gol in solitaria sia veramente grandioso c’è bisogno di almeno tre momenti in cui, guardandolo, voi o una persona a voi vicina fa “ohhh”».  

 

Il gol di Suarez invece ha su di noi l’effetto contrario: quando ci accorgiamo di cosa sta accadendo è già tutto finito. 

 

https://twitter.com/DAZN_IT/status/1203432407409610752?s=20

 

Meglio il gol di Suarez contro il Mallorca 

Soprattutto il gol di Suarez vi dice che le cose belle sono alla portata di pochi, non solo per l’esecuzione ma per l’intuizione che c’è dietro. Come ho già scritto altre volte i gol che preferisco non sono quelli che mi fanno pensare “come ha fatto”, ma quelli “come gli è venuto in mente”. 

 

La prova che si può fare per capire se è un gol che rientra in questa categoria è sempre la stessa: mettete pausa prima che Suarez si coordini e fate vedere il fermo immagine a un vostro amico e chiedetegli come può fare gol. 

 

Al tempo stesso, anche questo come quello di Son è un gol che richiede un istinto fuori dal comune. Anche il cervello di Suarez, prima di scegliere per quella soluzione innaturale e contorta, considera ed elabora una serie di informazioni complesse in una frazione di secondo. Anzitutto la posizione del difensore e del portiere che aveva dietro, poi la posizione della palla e della porta. Infine, le sue capacità tecniche, perché un giocatore più scarso quel tacco non lo pensa anche perché istintivamente vuole risparmiarsi una brutta figura. 

 

Il gesto tecnico di Suarez è la punta di un iceberg che non possiamo vedere, Son è un iceberg che vediamo infrangersi a velocità naturale contro una scogliera.

 

Quello di Suarez è una specie di colpo da biliardo, ma il modo in cui schiaccia la palla col tacco è persino brutale: non la alza colpendola dal basso verso l’alto, come si fa di solito, ma comprimendola contro il suolo fino a farla schizzare via nella direzione voluta. Quindi Suarez ha sì risolto un rebus complicato, ma lo ha fatto con un trucco magico, ha messo a posto un cubo di Rubik tirandolo contro un muro.

 

L’azione che lo precede, ordinata ed elegante, con Frenkie de Jong che si sposta in orizzontale per il campo chiedendo e ottenendo triangoli, è in contrasto con il gigantesco vaffanculo che Luis Suarez sembra rivolgere a tutto quello che sappiamo del calcio giocato ad alto livello. 

 

Perché se può segnare con le spalle alla porta, un difensore dietro e il portiere ben piazzato tra i pali senza neanche girarsi, allora a che serve complicarsi la vita provando a metterlo nelle migliori condizioni possibile? 

 

L’illusione che scaturisce dal gol di Suarez – e anche da quella di Son – è la stessa di tutti i gol dei più grandi centravanti, l’illusione che a certi giocatori basti dargli il pallone, che poi ci pensano loro. Dura lo spazio di un gol, perché poi la partita ricomincia e la difficoltà di uno sport con 22 persone che si muovono contemporaneamente su uno spazio lungo e largo e possono controllare un oggetto sferico solo con i piedi ha la meglio, ma è una sensazione di beatitudine che, come ha scritto David Foster Wallace, ci riconcilia «con il fatto di avere un corpo».

 

Ho detto all’inizio che non esistono due gol uguali, ma esistono gol più unici degli altri. E quello di Suarez è più difficile che venga ripetuto di quello di Son. La lunga storia dei gol di tacco è ricca di gesti pregevoli e pazzi (cito, solo perché magari qualcuno lo ha dimenticato, il tacco volante di Giuseppe Biava) ma solitamente un gol di tacco deve sfruttare almeno un minimo l’inerzia del cross per dare forza la palla. Nei casi più artistici – Roberto Mancini, Ibrahimovic, Pastore – il colpo che viene dato alla palla è più potente e, diciamo, gratuito, nel senso che richiede un’inventiva e una tecnica superiore, ma la palla ha una sua forza, non è del tutto scarica come quella di Suarez, non cambia del tutto direzione. 

 

Se il gol di Son ricorda quello di Weah che ricorda tutti i gol coast to coast, anche quello di Suarez però ne ricorda altri due: quello di Menez, che però ha calciato da mezzo metro di distanza, a porta vuota, e soprattutto quello di Kluivert, sempre in maglia blaugrana, sempre contro il Mallorca, che il Barcellona non ha tardato a postare sui propri social. 

 

Eppure anche al gol Kluivert manca la violenza di quello di Suarez: la sua palla sta rimbalzando ed entra piano piano, scavalcando con precisione il portiere in uscita, il suo è un gesto elegante e pieno di inventiva, sottile e furbo, dove invece Suarez è sfacciato e provocatorio come sempre. Kluivert magari ha inventato l’arte astratta, ma Suarez arriva dal nulla come Pollock e ci piscia sopra.

 

Insomma scegliete voi: Suarez praticamente calcia a giro sul secondo palo, solo che lo fa di tacco con un uomo davanti, schiacciando la palla per alzarla abbastanza da scavalcare il movimento (in ritardo per forza di cose, perché chi se l’aspettava) del portiere; Son parte dalla propria area di rigore e nel tempo che mi ci vuole per alzarmi dalla sedia ha attraversato il campo passando letteralmente attraverso l’intera squadra avversaria. 

 

In quale prodezza vi rivedete di più? 

 

Nell’opera dell’artista ribelle o nel superuomo che taglia il campo come se fosse fatto di vento?