Renzi, grazie sì. Piaccia o no è il solo leader predestinato

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NurPhoto via Getty Images

La sensazione, nostra, è che al fondatore di Repubblica non piace l’ex premier fiorentino perché gli ricorda molto Bettino Craxi. Nell’editoriale sul suo giornale, Scalfari scrive “Renzi, grazie no” dopo aver elencato i tanti difetti ma consapevolmente anche i tanti pregi. Necessari. Che tratteggiano le caratteristiche fondamentali, e necessarie, di un leader. In grado di tenere in piedi la baracca. E alleviare dalle ansie e dalle incertezze gli italiani, come ha ricordato in una intervista a la Repubblica, il professor De Rita.

La richiesta dell’uomo forte rilevata dall’ultima indagine del Censis è soprattutto questa. Non un capo carro armato e baionette e nemmeno un sovranista solo porti chiusi o nocciole italiane e nutella. Purtroppo all’Italia manca un comandante che riesca tenere insieme queste caratteristiche.

Renzi può aver saltato la lettura di tomi classici, della Magna Grecia, come lo era De Mita. Non ha alle spalle una famiglia con il pedigree. L’ex sindaco di Firenze ha sicuramente un carattere vendicativo, o un brutto carattere, poco incline al contraddittorio e al dibattito, una vocazione che Scalfari vede identificarsi con la figura del dittatore, ma è assurdo non constatare che è il solo politico, oggi, che riesce a mettere insieme due o tre parole, che intrattiene relazioni internazionali e che spiaccica qualcosa di futuro.

Intorno è morta gora. Probabilmente, questo primato renziano è dovuto dalla media bassa della classe dirigente in circolazione e quindi ci vuole poco a emergere, ma comunque sempre e compatibilmente con la realtà mediocre, si può dire che Renzi li batte tutti, per ko tecnico. Piaccia o non piaccia. E Scalfari per buona parte del suo efficacie editoriale concede l’onore delle armi al Renzi ‘primum vivere deinde philosophari’ .

Ma è la conclusione del ragionamento che non convince. Perché all’Italia non può essere utile un politico con quell’armamentario? Soprattutto, nell’analitico dissertare, manca l’indicazione dell’alternativa. A meno che sia quella corrente.  Sulla quale ci risparmiamo ogni giudizio di merito perché sotto gli occhi, sottoposta a giudizio quotidiano. Sia la maggioranza di governo. Sia lato opposizione. Con un nota di merito positiva, però.

Nel versante femminile. Dietro una donna in rapida e meritata ascesa come Giorgia Meloni, c’è una classe dirigente al femminile di enormi potenzialità. A partire da Francesca Pascale che sostiene e ha una idea diametralmente opposta dell’Italia rispetto al suo compagno, uomo di Stato, Silvio Berlusconi, ottuagenario, che dopo la partita di calcio del suo Monza, ha congedato alcuni  tifosi pierini, affermando che sarebbe andato a ‘put..ne’.

Ma l’elenco delle donne in attesa di futuro è lungo. A partire da Mara Carfagna, secchiona, bella, austera. Sorella gemella di Maria Elena Boschi, inspiegabilmente tenuta nel freezer di Italia Viva, quando dentro di sé raccoglie molte delle caratteristiche renziane, frullate, curate e servite con quella grazia dell’etichetta che, ne siamo certi, alla fine piacerebbe anche al fondatore de la Repubblica.

Non abbiamo citato donne del Pd e della Lega perché non sono pervenute. Non emerse. Relegate a ruoli minoritari. O al massimo candidate per conto del capo in qualche regione.

Per induzione, il ragionamento si conclude ritornando al teorema iniziale. Che è poi quello dell’uomo forte chiesto e contenuto nel rapporto del Censis. Perché gli italiani non credono al migliore della classe che c’è? Perché Italia Viva scende invece di crescere? Sugli errori del leader ci potremmo dilungare all’infinito. E non sono una risposta.

Chi non sbaglia? Chi non dice una cosa e poi ne fa un’altra? A fine corsa gli italiani sono accomodanti. Non cambiano mai. Molta scena, poca sostanza. Non si spiegherebbe altrimenti la vittoria del vaffa grillino. È il medesimo motivo per cui le donne in politica non escono. Retaggio maschilista. All’ultimo miglio gli italiani si ritraggono, non si fidano.