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Le nuove classifiche di sostenibilità dei Paesi OCSE

Londra, quando crescita economica non fa rima con inquinamento. Dal 1990 al 2014, il consumo energetico inglese è diminuito del 10%, ma il PIL non ne ha risentito: +65%.

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Guardando alla società nel suo complesso e alla stabilità dei mercati finanziari globali, risulta evidente come l’adozione di un approccio ESG in relazione alle obbligazioni sovrane sia sempre più importante. Un concetto è unanime: il cambiamento climatico rappresenta un rischio finanziario sistemico da integrare nel processo di investimento. Sul fronte sociale, la povertà globale è diminuita, mentre le disuguaglianze sono aumentate, rendendo instabile la coesione sociale e richiedendo una buona governance anche relativamente alla tutela dei diritti umani. L'attenta considerazione di queste diverse sfide aiuta a prendere decisioni di investimento più consapevoli e a migliorare il profilo di rischio/rendimento dei portafogli.

Degroof Petercam Asset Management (DPAM), società di gestione del risparmio indipendente con oltre 37 miliardi di euro in gestione e dal 2002 pioniere negli investimenti responsabili, presenta l’aggiornamento delle sue classifiche di sostenibilità al secondo semestre 2019, basate su un processo di analisi proprietaria e pubblicate con cadenza semestrale dal 2007 per i Paesi OCSE e dal 2013 per quelli Emergenti. Lo scopo è definire l’universo di investimento dei fondi obbligazionari governativi SRI DPAM L Bonds Government Sustainable e DPAM L Bonds Emerging Markets Sustainable, dai quali vengono esclusi i Paesi che non eccellono dal punto di vista della sostenibilità.

Paesi OCSE

Conferme sul podio e Italia nuovamente esclusa. Il caso virtuoso del Regno Unito

Negli ultimi anni, la top ten dei Paesi OCSE è stata appannaggio di Paesi del Nord Europa, di lingua tedesca o del mondo anglosassone (con l’esclusione degli Stati Uniti, da sempre fuori dall’universo investibile). L’ultima rilevazione ha visto infatti la conferma al vertice della Norvegia, seguita da Svizzera e Danimarca. L’Italia ha mantenuto il suo posizionamento di bassa classifica, ben al di sotto della metà alta del ranking e quindi dei Paesi investibili.