L'Uruguay passa a destra

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SOPA Images via Getty Images

Come da previsioni, il lungo riconteggio del voto ha sancito l’elezione a presidente dell’Uruguay di Luis Lacalle Pou del Partido Nacional, che ha vinto di stretta misura sul candidato del Frente Amplio Daniel Martínez. Finisce un quindicennio di governo della sinistra, al quale si sono alternati Tabaré Vázquez e l’ex guerrigliero José Mujica. E il Paese vira a destra senza drammi apparenti, e nella logica dell’alternanza. 

Al loro attivo, i quindici anni di governo del Frente Amplio consegnano al composito schieramento di destra che ha eletto Lacalle un Paese che ha fatto passi da gigante nel campo dei diritti, grazie all’approvazione della legge sull’aborto, del matrimonio tra persone dello stesso sesso e alla regolamentazione dell’uso delle droghe leggere, che lo rendono esempio unico in tutta l’America Latina. Ma i risultati positivi non mancano anche in campo sociale, grazie alle politiche di miglioramento di salari e pensioni e alla lotta alla povertà.

Tuttavia, a pesare nella decisione dell’elettorato è stata in primo luogo la situazione di stanchezza economica registratasi negli ultimi tempi, dopo anni di forte sviluppo reso possibile dall’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli, che hanno portato il Paese a tassi di crescita del 7,8% nel 2010. Di fronte al conseguente aumento della disoccupazione, con una crescita nel 2019 di solo lo 0,5%, con un dollaro forte e un’impennata del costo della vita anche a causa dell’alto prezzo del combustibile, il governo del Frente Amplio ha dato l’impressione di non essere capace di mettere in atto decisioni utili a fronteggiare il peggioramento del quadro economico generale. 

Va aggiunta poi la sempre più marcata preoccupazione da parte della popolazione per il deterioramento della sicurezza pubblica, a causa della comparsa di regolamenti di conti tra bande e della violenza del narcotraffico prima sconosciuta.

Si capisce, quindi, come il messaggio di allarme di Lacalle, a capo di una formazione che dal centro va all’estrema destra, abbia potuto fare breccia in primo luogo tra i piccoli commercianti, spaventati dall’impennata dei furti e dalla mancanza di tutela da parte del governo, le cui misure di modernizzazione della polizia sono state giudicate insufficienti. 

Il risultato lascia comunque un Paese diviso politicamente a metà, considerando che al primo turno la differenza tra i due candidati era meno di trentamila voti, situazione che ha spinto le autorità elettorali a procedere al controllo del voto.

Quanto al nuovo presidente, ex senatore e avvocato di 46 anni, ha già fatto sapere che formerà un governo al quale parteciperanno esponenti del centrista Partido Colorado, del  Partido Independiente, formazione di centrosinistra, del Partido de la Gente di centrodestra, e della novità politica rappresentata da Cabildo Abierto, nettamente di destra. 

A quanto pare, non è riuscito a incidere sul risultato del voto l’esempio fallimentare dell’economia del vicino argentino, dove le politiche neoliberiste di Mauricio Macri sono state sonoramente punite nelle recenti elezioni, e dove la sinistra si accinge a tornare nuovamente al potere. L’Uruguay passa a destra e archivia il Frente Amplio al cui interno si assisterà nei prossimi mesi a un ricambio della leadership fino a ora espressa da uomini politici che, per età, hanno vissuto la prigione o l‘esilio durante la dittatura. 

Il panorama politico dell’America Latina, che solo fino a dieci anni fa era dominato dalle personalità di Lula, Kirchner, Correa e, fino a poco fa, Evo Morales, risulta ancora una volta cambiato.