Suicida dal ponte di Avise. In Valle si continua a morire

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AOSTA. Aveva 45 anni e ieri sera ha fermato il suo furgone vicino al già tristemente noto ponte di Avise e lì ha deciso di porre fine alla sua esistenza.

Sembra una maledizione che incombe su questa nostra regione, ma ormai solo la politica non riesce a dare le risposte a questa emergenza che sta dilaniando i tessuti familiari colpiti da queste tragedie. Anzi, si fa di tutto per evitare che queste notizie vengano diffuse. Non si deve scrivere di sofferenza.

Questo uomo, a quanto abbiamo potuto accertare, non era seguito dai servizi. Il peso di una esistenza difficile lo ha portato a questa scelta.

Pochi giorni fa in ospedale è deceduto un uomo che si è sparato con una pistola per macellare il bestiame.

Storie diverse, dolori diversi, ma una fine comune. Rimane lo strazio dei familiari e degli amici che rimangono. Che sfogano il loro dolore anche sui social. Ma cosa dovrebbero fare coloro che nel palazzo bianco passano ore ad auto incensarsi per attenuare questa che ormai è una epidemia? Innanzi tutto smetterla di dire che tutto va bene, smetterla di farsi fotografare alle inaugurazioni di strutture molte volte inutili e di convegni dedicati ai soliti addetti ai lavori. La gente lavora, sogna, soffre, spera nelle strade di questa regione. E allora bisogna uscire dal palazzo e camminare tra la gente per tornare a sentirsi meno potenti e più umani.

 

 

Marco Camilli
(immagine di repertorio)