Sulle etichette alimentari l’Italia svela il bluff dei francesi

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asiandelight via Getty Images

Sì alla soda dietetica, no al latte fresco intero. Luce verde all’olio di semi di colza, ma alt all’olio extravergine di oliva. Non è la scena di un film di fantascienza distopica: sono alcuni degli effetti distorsivi dell’utilizzo delle cosiddette “etichette a semaforo” applicate sui prodotti alimentari in base ad arbitrari criteri di salubrità, in genere connessi al livello di sali, zuccheri e grassi presenti nel singolo alimento. Meccanismi concepiti come misura per contrastare l’obesità e le malattie derivanti dalla malnutrizione che, a partire dal 2013, sono stati introdotti prima nel Regno Unito, poi in Equador e quindi in Cile e che oggi, su impulso soprattutto della Francia, potrebbero trovare spazio nell’Unione Europea.

Ma se questa doveva essere una battaglia contro il fenomeno dell’obesità, a essere magrissimi sono stati i risultati. Le statistiche dell’Ocse testimoniano come non solo non siano stati compiuti progressi in America Latina o nel Regno Unito, ma in certi casi la situazione sia peggiorata: in Cile, ad esempio, nel 2015 il tasso di obesità era del 25,1%, per poi attestarsi al 34,4% nel giro di un paio d’anni.

Il problema ci riguarda da vicino. Nel 2017 la Francia ha presentato il Nutriscore, un nuovo sistema di etichettatura basato su cinque colori associati a cinque lettere, dal verde al rosso e dalla A alla E, che afferma di essere in grado di effettuare una valutazione complessiva di un prodotto con un unico codice.

Il Nutriscore si basa però su criteri privi di evidenza scientifica, come sottolineato anche dall’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che ha sottolineato anche la “difficoltà intrinseca nel cercare di applicare ai singoli prodotti alimentari raccomandazioni sull’assunzione di nutrienti stabilite per la dieta generale”. Il problema è proprio questo: non si fa riferimento alle quantità di cibo ingerito, né a quali altri alimenti venga associato, ma solo ai valori del singolo prodotto. Così congegnato, il meccanismo finisce per mettere sullo stesso piano alimenti molto diversi, a discapito delle eccellenze della dieta mediterranea, celebrata in tutto il mondo come la più sana, e di prodotti come il parmigiano, il prosciutto crudo o, appunto, l’olio extravergine di oliva, tutti classificati negativamente dal Nutriscore.

Oltre all’evidente paradosso ingenerato in nome della salute pubblica, il danno per il Made in Italy alimentare sarebbe enorme. In America Latina all’inizio l’etichetta a semaforo è stata solo un’indicazione per i consumatori. Il secondo passaggio è stato quello di vietare la pubblicità sui prodotti col bollino rosso. E il terzo passaggio è stato quello di tassarli. Una demonizzazione priva di senso sulla quale Federalimentare da tempo ha dato l’allarme, contribuendo a far nascere un team di lavoro in grado di sviluppare un’alternativa credibile e convincente, una controproposta per un sistema di etichettatura nutrizionale fronte pacco armonizzato a livello europeo che preveda l’indicazione di tutti i valori espressi relativi alla singola porzione, ma nell’ambito della dieta che si è scelto di seguire.

È stata chiamata “etichetta a batteria” per l’analogia grafica con l’icona, universalmente nota, che segnala la carica dei telefoni cellulari. Indica, sia attraverso dati sia attraverso la grafica, la quantità di calorie, zuccheri, sale, grassi e grassi saturi contenuti in una porzione di prodotto e in percentuale rispetto al fabbisogno quotidiano. Il consumatore avrà modo così di scegliere consapevolmente e comporre ogni giorno una dieta sana, varia ed equilibrata. La Batteria è il frutto di due anni di lavoro e del contributo di quattro ministeri (quello della Salute, quello degli Esteri, quello dell’Agricoltura e quello dello Sviluppo economico), che hanno portato avanti il progetto nonostante sia cambiata la compagine di governo.

Alle basi scientifiche di questo sistema di etichette hanno lavorato l’Istituto superiore di Sanità, il Consiglio superiore dell’Agricoltura e il Crea. All’Università Luiss è stato commissionato lo studio sul campo: è stato interpellato un campione di famiglie italiane alle quali sono state sottoposte entrambe le etichette, il Nutriscore francese e la Batteria italiana. E nelle scorse settimane è arrivato il verdetto: le famiglie italiane si trovano indiscutibilmente meglio con la Batteria.

Forte di questa conferma, il governo italiano, che ha già incassato l’appoggio di altri Paesi membri, consegnerà alla Commissione Ue una proposta ben più equilibrata e lungimirante di quella francese. Un confronto da vincere assolutamente. Ne va del futuro del Made in Italy e della dieta mediterranea.