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Eutanasia. Papa: In Italia certe sentenze inventano diritto di morire

Il Santo Padre ne ha parlato nell'udienza ai membri del Centro Studi "Rosario Livatino", in occasione del convegno nazionale sul tema "Magistratura in crisi. Percorsi per ritrovare la giustizia"

Per il Papa le sentenze "che in tema di diritto alla vita vengono talora pronunciate nelle aule di giustizia in Italia e in tanti ordinamenti democratici" sono "pronunce per le quali l'interesse principale di una persona disabile o anziana sarebbe quello di morire e non di essere curato; o che - secondo una giurisprudenza che si autodefinisce 'creativa'- inventano un 'diritto di morire' privo di qualsiasi fondamento giuridico e in questo modo affievoliscono gli sforzi per lenire il dolore e non abbandonare a sé stessa la persona che si avvia a concludere la propria esistenza".

Papa Francesco ne ha parlato nell'udienza ai membri del Centro Studi "Rosario Livatino", in occasione del convegno nazionale sul tema "Magistratura in crisi. Percorsi per ritrovare la giustizia", dopo aver sottolineato che il magistrato ucciso dalla mafia a 38 anni, il 21 settembre 1990 - "per il quale si è concluso positivamente il processo diocesano di beatificazione - continua ad essere un esempio, anzitutto per coloro che svolgono l'impegnativo e complicato lavoro di giudice".

Livatino, ha proseguito il Pontefice, " è un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l'attualità delle sue riflessioni". "In una conferenza - ha ricordato -, riferendosi alla questione dell'eutanasia, e riprendendo le preoccupazioni che un parlamentare laico del tempo aveva per l'introduzione di un presunto diritto all'eutanasia, egli faceva questa osservazione: 'Se l'opposizione del credente a questa legge si fonda sulla convinzione che la vita umana [...] è dono divino che all'uomo non è lecito soffocare o interrompere, altrettanto motivata è l'opposizione del non credente che si fonda sulla convinzione che la vita sia tutelata dal diritto naturale, che nessun diritto positivo può violare o contraddire, dal momento che essa appartiene alla sfera dei beni 'indisponibili', che né i singoli né la collettività possono aggredire' (Canicattì, 30 aprile 1986, in Fede e diritto, a cura della Postulazione)". E secondo Francesco, "queste considerazioni sembrano distanti dalle sentenze" odierne sul tema.