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(Foto: Horacio Villalobos Corbis/Corbis via Getty Images)

Miss Hitler è una sciocchezza, il terrorismo neonazista no

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Ennesima operazione contro un gruppo di estrema destra armato e con obiettivi precisi: la tolleranza di questi anni, e la timidezza delle istituzioni, hanno consentito a una rete di mitomani, neofascisti e criminali di "crederci"

Gli estremi dell’indagine parlano da soli: costituzione e partecipazione ad associazione eversiva e istigazione a delinquere. Il neonazismo italiano è questa roba qui: gruppuscoli di esaltati che “giocano” a fare i terroristi. Prendendo d’altronde spunto dalla lunga e sanguinosa storia del terrorismo nero di destra, che troppe chance di riciclo ha ricevuto fra anni Novanta e Duemila. Con quel tocco pittoresco in più garantito per esempio dalla 36enne che vince l’ambito titolo di Miss Hitler sul social russo VK, pseudocontest presto rimosso dalla piattaforma.

Sciocchezze a parte, l’inchiesta della Digos di Enna, partita due anni fa e arrivata ieri a 19 perquisizioni in diverse città, da Milano a Siracusa passando per Genova, Cremona, Verona, Vicenza, Bergamo, Torino e altre, dimostra che si deve resistere alla tentazione di liquidare questa gente con una risatina amara: partita da un monitoraggio su militanti di estrema destra locali, dimostra al contrario che si tratta di una galassia di aspiranti terroristi, gruppuscoli accomunati “dal medesimo fanatismo ideologico” spiegano gli inquirenti, intenzionati a costituire un movimento battezzato Partito nazionalsocialista italiano dei lavoratori. Nessuno pensa che uno ‘ndranghetista – per inciso: ex referente di Forza Nuova per il Ponente ligure – potesse diventare il nuovo Mussolini. Figuriamoci. Però puntava ad addestrare certa gente che, intanto, si dava da fare per procurarsi armi ed esplosivi. Come nel caso di un 57enne di Monza, unico arrestato perché aveva in casa un fucile a pompa e munizioni da guerra.

Esagerazione? Basti ricordare che lo scorso luglio in un’operazione simile l’antiterrorismo ha sequestrato un vero e proprio arsenale di armi da guerra in una serie di perquisizioni in giro per il paese: proiettili bellici, fucili d’assalto automatici e perfino un missile aria-aria in uso alle forze armate del Qatar. In quel caso si era già passati dalle parole ai fatti, visto che l’indagine era sorta dal monitoraggio di alcuni combattenti italiani che avevano partecipato al conflitto armato nella regione ucraina del Donbass occupata dalla Russia e dalle milizie filo-russe. Pure in quel caso c’era di mezzo un militante del movimento fondato da Roberto Fiore. Cosa aspettiamo a sciogliere per legge quei gruppi, non si sa.

Potremmo lanciare una molotov all’Anpi”, diceva intercettato dalla Digos di Enna Pasquale Nucera, ex boss della ‘ndrina Iamonte e già collaboratore di giustizia che agiva, o almeno si proponeva da addestratore delle future milizie. Intanto, però, e questo apre le solite finestre sul buio che da sempre costellano la storia criminale di questo paese, qualcuno dava soffiate all’armata “nazileone”. A quanto pare un poliziotto aveva rivelato a Francesca Rizzi, la Miss Hitler di cui sopra, di essere sotto osservazione: “Un mio amico poliziotto di Torino mi ha detto che sono attenzionata dagli sbirri – disse la donna ad Antonella Pavin, 48enne impiegata di Curtarolo a quanto pare ideologa del gruppo che pubblicava immagini e slogan irripetibili – dobbiamo essere prudenti, bisogna far sparire le foto dal profilo Facebook Manu Manu o addirittura oscurare il sito”. In effetti la talpa esiste, ed è stata individuata in un 54enne assistente capo in servizio all’ufficio di gabinetto della questura di Torino, ora indagato per rivelazione di notizie riservate e accesso abusivo a un sistema informativo.

Sembrano storie di sbandati, esaltati, soggetti border-line spesso e volentieri in contatto con i gruppi dei neofascisti più in vista, come il Veneto Fronte Skinheads, o i meno noti Aryan White Machines, ex criminali più o meno riciclati. Un mondo che vive a ricasco di squadrismo mafiogeno e ignoranza, marginalità sociale e mitomania. Forse è vero. Ma sono molte, perché inchieste del genere si ripetono con una frequenza incredibile. Troppe. Ogni sottovalutazione sarebbe fatale, perché per troppo tempo questa roba è stata tollerata, derubricata, minimizzata.  

Soprattutto è roba che trova sponde politiche inattese, che fatica a essere condannata con fermezza e la mappa di Antifascismo militante racconta con chiarezza come le aggressioni neofasciste, antisemite, razziste, e xenofobe si verifichino in tutta Italia, senza contare le cronache che raccolgono ormai decine di gesti simbolici violenti. Come l’imbrattamento – pochi giorni fa – delle targhe stradali dedicate ad alcune vittime delle leggi razziali a Roma, targhe che per volere del Campidoglio avevano sostituito altre che intitolavano le stesse strade ai firmatari del Manifesto della razza del 1938. In un paese in cui un consiglio comunale dice che le “pietre d’inciampo” sono “divisive”, com’è successo di recente a Schio, in provincia di Vicenza, il problema sono certamente i gruppuscoli di esaltati – reti spesso collegate anche all’estero che negli anni hanno cominciato a fare il salto di qualità, basti ricordare la vicenda di Pierluigi Pagliughi e del suo Nsab – ma anche chi strizza loro l’occhio dalle aule istituzionali.